Gli
ultimi 12 giorni del regime nazista e del suo leader indiscusso, dal 20 aprile
1945 (giorno in cui Adolf Hitler compie 56 anni) al 2 maggio 1945 (giorno della
resa incondizionata della Germania). Rinchiuso nel bunker della Cancelleria a
Berlino insieme a fedelissimi e familiari, con i russi ormai alle porte e la
nazione allo sbando, il dittatore fa di tutto per non cedere, ma, di fronte al
suicidio o al tradimento dei suoi uomini chiave, decide di darsi la morte
tramite avvelenamento da cianuro il 30 aprile, insieme alla sua donna Eva
Braun, con cui si era appena unito in matrimonio. Discusso biopic sugli ultimi giorni del più famoso, spietato e temuto tiranno
della storia: Adolf Hitler. Intriso da ambiziose pretese di realismo intende
tracciare un racconto in soggettiva dal di dentro (la vicenda è narrata dal
punto di vista di Junge, segretaria personale del Führer, che sopravvisse agli
orrori del bunker) di quei giorni tragici che cambiarono per sempre la storia
del mondo e che, ancora oggi, sono frutto di polemiche, sospetti e pregiudizi.
Basti pensare all’enfasi che ha avuto il film alla sua uscita in Germania e ai
molti, tra critici, intellettuali, politici o addetti ai lavori, che hanno
assunte posizione estreme, e spesso spropositate, rispetto ad esso. In un’opera
di fosca tetraggine sospesa tra tragedia e farsa (a causa dell’interpretazione
un po’ troppo macchiettistica di Bruno Ganz nel suo tentativo di umanizzare
Hitler), non è facile districarsi tra la storia e il romanzo, tra il documento e
la spettacolarizzazione cinematografica degli eventi. Più che il Führer la vera
protagonista è la morte, che incombe sulla pellicola fin dal primo fotogramma e
che trova il suo momento di massimo tripudio nell’atroce e indimenticabile
sequenza in cui Magda Göbbels, prima di uccidersi insieme al suo potente marito,
avvelena a uno a uno i suoi sei figli mentre dormono. Più squilibrato che
riuscito, questo film mortifero che cerca di rimodellare il volto del diavolo e
del male assoluto che Hitler ha sempre rappresentato nell’immaginario
collettivo, procede tra luci e ombre e vale principalmente come parziale
ripasso storico, ovviamente non privo di licenze, a partire dal deludente
finale politicamente corretto.
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