lunedì 17 luglio 2017

John Q (John Q, 2002) di Nick Cassavetes

John Q. Archibald è un operaio onesto e premuroso che si prende cura della propria famiglia. Quando il piccolo figlio Michael viene colpito da una grave malattia al cuore e necessita di un urgente trapianto cardiaco, Archibald si scontra con il cinismo del sistema sanitario americano. L’operazione è troppo costosa per il budget familiare e l’assicurazione rifiuta di coprire le spese. L’uomo vende tutto quello che ha, si indebita fino al collo e chiede soldi a tutti i suoi conoscenti, ma neanche in questo modo riesce ad avvicinarsi alla somma necessaria. Con la forza della disperazione irrompe armato nel pronto soccorso dove è ricoverato il figlio e prende in ostaggio l’intero reparto chiedendo un nuovo cuore per il suo ragazzo in cambio della liberazione dei prigionieri. Tra le pieghe di una legittima denuncia sociale, che però non risulta mai realmente pungente ma si limita ad una superficiale e concitata requisitoria, si nasconde un grossolano polpettone americano retorico, sensazionalistico, inverosimile e politicamente corretto nel finale consolatorio. Parafrasando maldestramente la logica di Quel pomeriggio di un giorno da cani, ma senza possederne il rigore narrativo e la densità concettuale, il film procede, all’insegna di una lineare prevedibilità, per accumulo di scene madri e situazioni strappalacrime, ricattando lo spettatore con il sentimentalismo più becero e andando costantemente fuori misura. Le uniche note liete arrivano dal cast di grandi attori, con Denzel Washington intenso e sempre sopra le righe, Robert Duvall, eccellente nella sua toccante umanità, James Woods, credibile nel ruolo del chirurgo, e poi ancora Anne Heche, odiosa nei panni dell’addetta assicurativa, Kimberly Elise e Ray Liotta. Appartiene alla categoria di quelle pellicole ipocrite e moraliste che tutti approvano durante la visione ma che poi dimenticano il giorno dopo per la grossolana enfasi della denuncia, incline ad un urlato populismo demagogico di facile presa ma totalmente privo di spessore ideologico.

Voto:
voto: 2,5/5

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