martedì 25 luglio 2017

Il diritto di uccidere (In a Lonely Place, 1950) di Nicholas Ray

Dixon Steele, talentuoso sceneggiatore di Hollywood dal carattere turbolento, viene sospettato dell'omicidio di una guardarobiera, in quanto ultima persona a vederla in vita. La polizia lo interroga a lungo ma il nostro viene scagionato dalla deposizione di Laurel, attrice e sua vicina di casa. I due prendono a frequentarsi e si innamorano, ma ben presto la donna inizia a sospettare che Steele potrebbe non essere innocente. Questo intenso noir sentimentale dal grande fascino introspettivo è uno dei capolavori di Nicholas Ray, autore di culto del cinema americano. Sontuoso nella confezione formale, raffinato nelle sue suggestioni sfuggenti e dominato da un senso di ineluttabile fatalismo fin dalle prime sequenze, è un film denso, profondo e lucido, metaforicamente leggibile a diversi livelli tematici: il precario equilibrio della reciproca fiducia su cui si regge il rapporto di coppia, l'ambiguità delle relazioni umane, la violenza come elemento inestirpabile della società e, non ultimo, un oscuro simbolismo dell'atto della creazione artistica (come indizio si ricordi che il protagonista è uno scrittore). Cinicamente amaro nelle sue conclusioni si avvale di un cast in gran forma in cui Humphrey Bogart e Gloria Grahame fanno la parte del leone, anche se la protagonista femminile doveva essere inizialmente Lauren Bacall, poi sostituita dalla produzione con la Grahame (all'epoca moglie del regista). Particolarmente apprezzato dalla critica alla sua uscita, non è molto conosciuto nel nostro paese, che tra l'altro gli ha attribuito un titolo assurdo e incomprensibile rispetto alla trama, poi modificato temporaneamente in Paura senza perché, ugualmente discutibile. Imperdibile per gli amanti del noir classico e per i fans di Bogart, il film merita il recupero a prescindere per il suo alto valore artistico, per la perfetta caratterizzazione dei personaggi e per il fascino superbo della sue ambientazioni.

Voto:
voto: 4/5

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