venerdì 28 maggio 2021

Amore tossico (1983) di Claudio Caligari

A Ostia un gruppo di giovani sbandati tossicodipendenti trascorrono le loro giornate alla disperata ricerca dei soldi per procurarsi il "buco" quotidiano. Tra elemosina, furti, prostituzione e rapine sono persi in un tunnel di degrado e disperazione da cui non sembra esserci uscita. Cesare e Michela si amano e cercano in tutti i modi di smettere, avvertendo di aver toccato il fondo, ma ogni volta ci ricascano di nuovo. Ma esiste davvero un futuro per questi reietti? Sconvolgente dramma sociale di stampo neorealistico, sintesi estrema di documentario e fiction, girato con istantaneità virulenta dal piemontese (ma romano d'adozione) Claudio Caligari, qui al suo primo controverso lungometraggio. E' un'opera ideologicamente aspra ma moralmente onesta, di inquietante iperrealismo, di dolorosa sincerità e di incredibile durezza, che alla sua uscita suscitò accese polemiche e infiniti dibattiti, che però contribuirono ad aumentarne la visibilità, segnandone immediatamente lo status di cult "maledetto". Grazie all'opera del regista Marco Ferreri, celebre per la sua personalità contro corrente e per i suoi film spesso ritenuti "scandalosi" dai benpensanti, fu presentato al Festival di Venezia dove ricevette il premio speciale nella Sezione De Sica. Anche se girato nel 1983 è un film figlio degli anni '70, anni in cui l'uso di droghe pesanti era un autentico flagello giovanile, specialmente nelle periferie delle grandi città, la punta dell'iceberg di un degrado morale e di un malessere sociale profondo derivato da motivazioni storiche complesse e dai profondi cambiamenti culturali, economici e di costume subiti dalla nostra società dopo il boom economico. Un processo complesso, egregiamente analizzato da Pasolini nei suoi "scritti corsari", che ha portato risultati agghiaccianti, con il paese in preda al caos politico istituzionale, la minaccia del terrorismo, l'escalation delle organizzazioni criminali, lo stragismo, gli scontri di piazza e le nuove generazioni in preda ad un forte sbandamento, facili prede di terribili tentazioni, di cui la droga è soltanto uno degli aspetti. Amore tossico è un film sulla droga e contro la droga. Tutte le accuse mosse al regista di fare un'apologia dello sballo sono assolutamente illogiche, probabilmente frutto di preconcetti politici o di faziosità ideologica. Ci mostra un triste microcosmo di anime perse, vite gettate al vento, gioventù bruciata, all'insegna della totale mancanza di valori e di prospettive, così come dell'assenza assoluta delle istituzioni, sia statali che familiari. In questo quotidiano inferno di sporcizia e di dannazione, l'unica piccola ancora di salvezza a cui si appigliano i protagonisti Cesare e Michela è la forza del loro sentimento, in nome del quale cercano di lottare per uscire dal tunnel. Ma è possibile riuscirci da soli? La risposta del regista è implicita, ma chiarissima in merito. Il film, pasoliniano nel verismo e nelle ambientazioni, è anche dedicato al grande regista poeta di cui Caligari era fervido ammiratore. Non a caso la sua scena cruciale venne girata all'Idroscalo di Ostia sotto al monumento dedicato a Pasolini, esattamente dove venne ritrovato il suo corpo straziato all'alba del 2 novembre 1975. La pellicola fu girata con attori non professionisti, tutti tossicodipendenti del posto, molti dei quali sono morti o finiti male qualche anno dopo la fine delle riprese. Per aumentare al massimo il realismo le scene delle iniezioni sono tutte vere, anche se al posto dell'eroina venivano usati innocui composti a base di acqua distillata e farmaci epatoprotettivi. L'equilibrio tra il brutale naturalismo dei personaggi e delle situazioni e la dignità stilistica necessaria ad un'opera cinematografica non sempre funziona, più volte si scade nel greve, nel trash o nella retorica del trucido, ma i meriti di quest'opera prima che non fa sconti, non giustifica e non rimesta nel torbido, sono superiori ai difetti. E' un tipo di cinema underground che oggi non si potrebbe più fare, espressione del suo tempo, ma, se cercate un film autentico sulla droga, questo è sicuramente uno dei più degni rappresentanti, privo di orpelli, di giudizi morali e di comode giustificazioni (a differenza del ben più famoso Christiane F. - Noi i ragazzi dello zoo di Berlino del 1981). Ma non è stato il primo film italiano a parlare della droga in questo modo, venne infatti preceduto da Non contate su di noi (1978), primo e unico lungometraggio diretto dal montatore Sergio Nuti, in quegli anni collaboratore abituale di Marco Tullio Giordana.

Voto:
voto: 3,5/5

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