lunedì 24 maggio 2021

Noi credevamo (2010) di Mario Martone

Nel 1828, dopo la repressione borbonica dei moti di rivolta, tre giovani meridionali del Cilento (Domenico, Angelo e Salvatore), animati da profondi ideali patriottici, decidono di unirsi alla Giovane Italia e prendono parte, in modi, tempi e luoghi diversi, a quel grande movimento storico chiamato Risorgimento, che porterà all'Unità d'Italia. Il film è diviso in 4 episodi: "Le scelte" (1828-32), "Domenico" (1852-55), "Angelo" (1856-58), "L'alba della Nazione" (1862-68). I tre si perderanno, si ritroveranno, si scontreranno e infine si divideranno, e le loro vite saranno per sempre segnate dalle vicende storiche vissute e dalle loro azioni di rivoluzionari. Dal romanzo omonimo di Anna Banti, dai fatti storici reali e da altri romanzati o immaginati, il regista Mario Martone ha tratto il suo film più lungo, imponente e ambizioso. Un grande affresco storico, intimo e antropologico del Risorgimento italiano, riletto dall'autore con animo repubblicano, spirito meridionalista, rigore filologico, furore romantico ed un lucido senso critico che ne cerca le contraddizioni, i lati in ombra, le utopie disilluse, i tradimenti politici, le tensioni sociali, le verità scomode sotto la patina della gloria che viene solitamente raccontata dai libri scolastici. L'autore punta in alto, ammicca a Visconti, ma anche a Rossellini, utilizza le musiche di Verdi per accentuare la dimensione teatrale dell'opera, scava nelle passioni dei mazziniani per estrapolarne l'accento tragico, il respiro idealistico, il fallimento miserabile, il compromesso pavido, l'inganno abbietto, l'azione eroica. Perchè la storia (grande o piccola che sia) è una sinfonia complessa, sfuggente e spesso ermetica, non interpretabile in maniera univoca, e costituita principalmente da contrasti. E l'autore ce ne propone molti (forse troppi) in questo film lungo (3 ore e 25 minuti nella versione originale, poi portati a 2 ore e 50 minuti in quella distribuita nelle sale), complesso e articolato: meridione contro settentrione, monarchia contro repubblica, borghesi contro aristocratici, moderati contro estremisti. E' un'opera cupa e vibrante, anti-retorica e anti-spettacolare, intimamente tragica e più incline all'amarezza e al disincanto che alla celebrazione. Un'opera che non manca di gettare ombre allusive anche sulle vicende politiche successive della nostra storia. Forte di un cast straordinario (Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco, Francesca Inaudi, Guido Caprino, Renato Carpentieri, Michele Riondino, Toni Servillo, Luca Barbareschi, Luca Zingaretti, Anna Bonaiuto), di ambientazioni variegate (il Cilento, il Piemonte, Londra, la Puglia, il Lazio) e di una ricostruzione d'epoca perfetta, è un film stimolante e problematico, dalle molte bellezze ma non privo di forzature ideologiche e spigolosità revisioniste. Alla sua uscita ha suscitato molte polemiche da parte di intellettuali e politici ed è stato ignominiosamente snobbato dalla grande distribuzione, che ha scelto di farlo uscire in pochissime copie e solo nelle città principali. Da recuperare assolutamente per chi non l'ha visto e, possibilmente, nella sua versione lunga, più impegnativa ma anche più esaustiva nella disamina. Con questa pellicola potente, coraggiosa e controversa, Martone si riconferma autore vero, regista impegnato e narratore di razza. Uno dei pochi sguardi liberi, autoriali e non banali dell'attuale panorama del cinema italiano.

Voto:
voto: 4/5

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