domenica 30 maggio 2021

Il servo di scena (The Dresser, 1983) di Peter Yates

Nell'Inghilterra del 1940, duramente provata ma non spezzata dai bombardamenti dei tedeschi, una compagnia teatrale di vecchi attori si adopera per continuare a portare in scena con passione e dedizione il proprio vasto repertorio shakespeariano, nel tentativo di tenere alto il morale del popolo e creare un momento di distrazione. Il capo della compagnia, da tutti chiamato Sir, è un anziano attore dal glorioso passato, divenuto ormai dispotico, arrogante, vanitoso e capriccioso, duramente minato nella salute fisica e mentale da tanti anni di palcoscenico, ma ancora capace di guidare a bacchetta, con il suo carisma, interpreti e maestranze. Al suo fianco e al suo servizio c'è da sempre il mite Norman, il suo "servo di scena", che vive per lui e nella sua ombra, lo assiste, lo venera, lo sostiene, lo cura, ne asseconda le stranezze e ne subisce le intemperanze, in un rapporto ambiguo e morboso, platonicamente omosessuale. Norman lotta con tutte le sue forze per proteggere il "suo" Sir da tutto e da tutti, perchè è convinto che, se egli morisse, anche la sua vita perderebbe ogni senso. Straordinario dramma d'ambiente di Peter Yates, liberamente tratto dall'omonima commedia di Ronald Harwood. E' il capolavoro del regista e uno straordinario esempio di realizzazione di cinema-teatro senza perdere un grammo della forza espressiva dei due mezzi, che qui si uniscono e si fondono in un suggestivo affresco d'epoca che restituisce lo spirito della società inglese nel periodo delle "lacrime, sudore e sangue" e le dinamiche umane di una compagnia itinerante al servizio di un tirannico patriarca. Magistrale il lavoro di scrittura (eseguito dallo stesso Harwood), di regia (classica ed elegante) e di recitazione (con uno straordinario Albert Finney e Tom Courtenay che ne tiene il passo senza cedimenti). Il film è un gigantesco atto d'amore al teatro e alla sua gente, un ritratto minuzioso, vibrante e realistico (quasi un documento dei dietro le quinte dello spettacolo), mai agiografico o edificante, ma sincero, aspro e impietoso nel metterne a nudo le meschinità, le contraddizioni e i lati oscuri. E', anche, un metaforico compendio della vita, in termini di rapporti di potere, sentimenti, illusioni e delusioni, con il continuo transfert tra finzione e realtà, ovvero ciò che succede sul palcoscenico e poi dietro di esso, quando il sipario si chiude. Ebbe 5 candidature agli Oscar ma rimase senza premi (ma almeno i due attori protagonisti lo avrebbero meritato). Però Finney ricevette l'Orso d'Argento al Festival di Berlino e Courtenay il Golden Globe al miglior attore in un film drammatico. Da non perdere.
 
Voto:
voto: 4,5/5

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