venerdì 21 maggio 2021

Il cacciatore di aquiloni (The Kite Runner, 2007) di Marc Forster

Kabul, 1978. Amir e Hassan sono bambini amici per la pelle, nonostante la differenza di classe sociale e di etnia che per loro conta ben poco. Amir è un Pashtun (la popolazione dominante in Afghanistan) e figlio di Baba, un uomo ricco e potente. Hassan è un Hazara (gruppo considerato "inferiore" e storicamente discriminato) e suo padre è il servitore della famiglia di Amir. I due piccoli condividono la grande passione per gli aquiloni e riescono a vincere la più importante gara annuale che si tiene in città (il vincitore è colui che riesce a far rimanere in aria il proprio aquilone fino alla fine, tranciando i fili di tutti gli altri). Ma Hassan viene aggredito, picchiato e brutalizzato ferocemente da un gruppo di bulli appartenenti a famiglie benestanti e Amir, per quanto sconvolto, non trova il coraggio di intervenire. Da quel giorno tutto cambia, per Amir l'amico diventa l'immagine della sua vergogna e della sua vigliaccheria, e a questo si aggiunge un senso di gelosia latente per il grande affetto che suo padre Baba ha sempre dimostrato verso di lui. Con lo scoppio della guerra dopo l'invasione russa, la famiglia di Amir emigra negli Stati Uniti per mettersi in salvo e i due amici si perdono definitivamente di vista. Ma un giorno, quando Amir è ormai adulto ed è diventato cittadino americano e scrittore di successo, il suo passato tornerà a bussare alla porta. Dal best seller omonimo di Khaled Hosseini, Marc Forster ha tratto un dramma storico di pregnante intensità umana e di limpida ricostruzione ambientale, ottimo nel segmento dell'infanzia afgana (in cui si raggiungono picchi di magico lirismo e di crudo realismo), ma troppo convenzionale nella seconda parte, quella decisiva per la risoluzione della vicenda, in cui si scade in eccessi di sentimentalismo e ridondanze drammaturgiche. Lo spirito del romanzo ispiratore (che partendo come elegia della forza immaginifica dell'infanzia si erge e sottile riflessione storica, politica e religiosa sul popolo afgano e le contraddizioni strutturali del suo complesso sistema sociale) viene mantenuto solo a tratti perchè l'autore (svizzero tedesco emigrato in America) non possiede, evidentemente, il retaggio necessario per compenetrarlo nel profondo. Ma il cast è eccellente, in particolare gli attori bambini sono straordinari e l'iraniano Homayoun Ershadi è commovente nel ruolo di Baba.
 
Voto:
voto: 3/5

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