Il secondo film di Luis Buñuel, un anno dopo Un chien andalou, ne prosegue (ampliandolo) il discorso teorico, innovativo e sintattico alla ricerca di nuovi linguaggi di espressione artistica (cinematografici ma non solo), applicando in maniera ancora più consapevole e pregnante l'estetica surrealista. Scritto insieme a Salvador Dalí, questo capolavoro d'avanguardia è intimamente connesso all'opera precedente, insieme al quale costituisce il manifesto emblematico del surrealismo. Stavolta è possibile seguire un accenno di trama, ovviamente pretestuosa alle astrazioni, i simbolismi e le critiche che l'autore intende muovere nei confronti della società del suo tempo. Pur privo di linearità narrativa, il film mostra la storia d'amore (platonica) di un uomo e una donna (che non hanno nome in quanto figure archetipali), che s'incontrano e si perdono di continuo, cercano in tutti i modi di vivere la loro passione ma non ci riescono mai, a causa dei tabù repressivi dell'epoca. Tra immagini stranianti, invenzioni geniali, scarti onirici, allegorie grottesche, voyeurismo ammiccante e sarcasmo corrosivo, il regista mette in scena un'acuminata parabola socio-politica, anticlericale, antiborghese e antimoralistica, utilizzando in forma visiva la "lingua" psicoanalitica dei sogni. Con il suo tocco sornione ma pungente, il regista mette nel mirino ogni forma di potere costituito (chiesa, stato, forze armate e di polizia, capitalismo), senza dimenticare il perbenismo religioso e sociale dei costumi che tarpa le ali della libertà sessuale attraverso la definizione strumentale e faziosa del senso di peccato. L'âge d'or è un inno teoretico visionario alla libertà dell'uomo, all'abbattimento di barriere e dogmi, al diritto vitale di seguire le proprie pulsioni, i propri desideri, è il trionfo dell'istinto e dell'inconscio rispetto alla ragione e alla morale. Rivoluzionario nell'essenza e nella forma, fu proiettato per la prima volta all'Esposizione internazionale surrealista di Tenerife del 1935, e fu subito uno scandalo colossale, provocando sdegno, indignazione e anche reazioni violente. Il suo finanziatore, visconte Charles de Noailles, fu minacciato di scomunica dalla Chiesa cattolica e un gruppo di estremisti di destra fece irruzione nel cinema di Parigi dove veniva proiettato, distruggendo la sala e bruciando le bobine del film. Finì ovviamente sotto gli strali della censura ufficiale e venne proibito in tutte le sale francesi. Ricomparve a New York nel 1951, ma anche in quel caso venne stritolato sotto la morsa dei censori inflessibili. Solo 50 anni dopo, nel 1981, grazie all'azione incessante della casa produttrice Gaumont e a Charles de Noailles che ne aveva salvato delle copie occultandole, la pellicola venne restaurata e rimessa in circolazione (anche nei cinema), mettendo fine alla crociata ideologica che l'aveva "condannata al rogo" per decenni. Dal punto di vista strettamente cinematografico, sono numerose le sequenze memorabili, che denotano la fantasia di natura superiore del regista: la sfilata dei papi-scheletri con addosso i paramenti sacri, i due amanti che infilano le dita l'uno nella bocca dell'altro e se le ritrovano mozzate, la mucca sul letto, l'immagine allo specchio dell'uomo che si trasforma in nuvole, il combattimento tra gli scorpioni, il Duca di Blangis che esce dal castello con le fattezze di Cristo. Ogni singolo fotogramma è un simbolo ed ha un suo significato, a volte palese, spesso enigmatico, in generale leggibile in modi differenti. E ogni fotogramma è una goccia di sarcastico veleno e un barlume di pura genialità anti-sistema, un piccolo "monumento" alla dignità dello spirito dell'uomo.
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