martedì 25 maggio 2021

Non aprite quella porta (The Texas Chainsaw Massacre, 2003) di Marcus Nispel

Nella calda estate del 1973, sulle assolate strade della provincia texana, cinque giovani viaggiano su un furgone, di rientro dal Messico e diretti a Dallas. Raccolgono una ragazza malmessa e in stato confusionale che vaga sul ciglio della strada, ma questa, appena salita a bordo, estrae una pistola e si spara un colpo in bocca. I cinque ragazzi, sconvolti per l'accaduto, si mettono alla ricerca di un posto di polizia per denunciare il fatto, ma finiscono in una vecchia fattoria isolata, dove li attende un incubo ancora peggiore. Prima o poi era quasi inevitabile che accadesse: dopo tre seguiti poco riusciti del grande classico horror originale, The Texas Chainsaw Massacre (1974) di Tobe Hooper, ci si aspettava che Hollywood (vista l'attuale pochezza di idee) ne mettesse in cantiere anche un remake. La storia è quasi la stessa nell'idea di base, ma sono stati apportati diversi cambiamenti di stile, di nomi, di personaggi, di caratteristiche e di situazioni, più un'omissione notevole che evito di spoilerare (e che ha provocato l'ira funesta dei fans integralisti). Il remake doveva essere inizialmente diretto da Michael Bay, che poi si è limitato alla sola produzione (e questa è una buona cosa) e, rispetto all'originale del '74,  il film è più un horror di atmosfere che di truculenze (e anche questa è potenzialmente una buona cosa). Peccato però che la realizzazione pratica naufraghi miseramente, producendo un risultato esile, privo di spessore, di originalità e di elementi degni di nota. Volendo usare un solo aggettivo, quello più adatto è inutile. Per quanto le ambientazioni restino le stesse in termini di luoghi e di tempo, l'estetica del film è totalmente priva dell'atmosfera "grezza" degli anni '70, preferendo invece abbracciare uno stile più patinato, didascalico e conforme ai gusti del pubblico moderno. A cominciare dalla scelta della protagonista (Erin/Jessica Biel) che è decisamente troppo bella, troppo sexy e troppo tosta (praticamente una "final girl") rispetto allo spirito sporco e feroce del film di Hooper. Non che i cambiamenti (anche radicali) siano necessariamente un male in un remake, a patto però di realizzare qualcosa che sappia essere in egual misura "rispettoso", credibile, creativo e capace di reggersi autonomamente sulle proprie gambe. Cosa che il tedesco Marcus Nispel non è riuscito a fare, nonostante un iniziale approccio concettuale interessante. Malgrado i pochi meriti, il film ha realizzato un buon incasso ed ha riacceso i riflettori sull'iconico personaggio di Leatherface (uno dei cattivi cinematografici presente in tutte le classifiche di gradimento), dando vita ad altri quattro film (per un totale di nove, finora!): un prequel di questo, un remake alternativo del primo sequel, un prequel dell'originale ed un secondo remake del primo sequel. Roba da mal di testa. E anche questo è Hollywood...

Voto:
voto: 2/5

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