Storia del gruppo terroristico di estrema sinistra denominato RAF (Rote Armee Fraktion), che insanguinò la Germania Ovest con le sue azioni di lotta armata eversiva nel decennio 1967-1977. Nel '67 la giornalista militante di sinistra Ulrike Meinhof scrive articoli infuocati contro l'imperialismo americano e la repressione del governo tedesco, che ha portato alla morte di uno studente che manifestava contro la visita dello Scià di Persia Reza Pahlavi. Ulrike intervista in carcere l'attivista politica Gudrun Ensslin, donna passionale, indipendente e ribelle, accusata dell'incendio di un magazzino di Francoforte e compagna di Andreas Baader, accanito sostenitore della lotta armata clandestina contro lo stato per svegliare la coscienza delle masse. Affascinata dalle loro idee, la giornalista decide di passare all'azione, si converte alla loro causa ed aiuta la Ensslin ad organizzare l'evasione di Baader dal carcere. Nella primavera del '70 Ulrike Meinhof, Andreas Baader e Gudrun Ensslin fondano la RAF, dando il via agli anni di piombo tedeschi con una lunga serie di rapine, omicidi, rapimenti, attentati dinamitardi e dirottamenti aerei. I tre saranno arrestati nel '72 ma le azioni terroristiche del gruppo proseguiranno per altri 5 anni, anche con il supporto di nuclei terroristici palestinesi. Meinhof, Ensslin e Baader moriranno tutti in carcere per suicidio nel '77, ma la tesi ufficiale è stata spesso oggetto di controversie, con sospetti (mai dimostrati) di omicidi politici di stato. Dramma storico biografico di Uli Edel, cupo, cruento, doloroso, ma estremamente lucido nel delicato processo di rilettura di pagine tragiche e sanguinose, in cui la Germania si ritrova a fare i conti con un oscuro passato, che ha lasciato ferite ancora non del tutto rimarginate. Il film abbraccia l'autorevole ricostruzione dello storico Stefan Aust, che già aveva sceneggiato Stammheim - Il caso Baader-Meinhof (1986) di Reinhard Hauff vincitore dell'Orso d'Oro al Festival di Berlino, e che anche stavolta ha scritto la sceneggiatura a 4 mani insieme al produttore Bernd Eichinger, la vera anima del progetto. E' un film importante, teso, asciutto e impegnato, il migliore della filmografia di Uli Edel, sgombro di dietrologie politiche e di indulgenze "romantiche", freddo ma non cinico, molto efficace nel disegno dei personaggi e nel percorso di formazione della loro ideologia, che passa dalle utopie dei movimenti studenteschi allo slancio anti-autoritario, per poi aderire alla linea dura della violenza come unica strada possibile, una scelta machiavellica (e non priva di arroganza), più istintiva che meditata, che genererà una immane tragedia sociale, lasciando sul campo tante vittime. Al netto di inevitabili semplificazioni (specialmente nella descrizione del quadro internazionale), la pellicola cerca di mantenersi il più possibile neutrale, senza mitizzare, demonizzare, giustificare o giudicare: si limita al racconto dei fatti, del clima politico che diede origine alla RAF e di come le sue azioni spietate la resero aliena alla simpatia popolare, accelerandone la fine. Il giudizio finale viene saggiamente lasciato allo spettatore, che potrà farsi una sua opinione in base alla propria conoscenza degli eventi. L'opera non lesina allusioni critiche anche agli atti criminali compiuti dallo Stato, in certi casi non dissimili moralmente da quelli dei combattenti della RAF, così come sul fatto che quella generazione di terroristi di sinistra fosse figlia di quella nazista. Per quanto riguarda il drammatico finale (ancora oggi oggetto di dubbi e polemiche), il film segue la linea di Aust (ovvero l'unica sostenuta da prove certe) del suicidio collettivo dei leader dell'organizzazione eversiva. Bravissimi gli interpreti, a cominciare da Martina Gedeck, Johanna Wokalek, Moritz Bleibtreu, fino al poliziotto d'acciaio di Bruno Ganz.
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