domenica 15 dicembre 2013

La pelle che abito (La piel que habito, 2011) di Pedro Almodóvar

Il chirurgo plastico Robert Ledgard ha dedicato tutta la sua vita alle ricerche scientifiche per elaborare una pelle artificiale di natura superiore e perfettamente compatibile con quella umana. La causa della sua ossessione è la tragica morte dell'amata moglie, finita carbonizzata dopo un incidente stradale. Ma, una volta messa a punto la sua incredibile scoperta, il geniale dottore ha bisogno di una cavia per saggiarne l'efficacia. Eccellente incursione di Almodovar nel thriller/horror con un'elegante rivisitazione del mito di Frankenstein che rispetta l'essenza dell'opera originale, attraverso il medesimo andamento geometricamente ineluttabile, ma che la rinverdisce, attualizzandola, grazie agli elementi cardine del suo cinema: colore, vitalità, umanità, sregolatezza, sessualità, grottesco. L'entrata in scena dell'uomo tigre è l'unica concessione al kitsch tipico del regista, il resto del film è un algido dramma che "cambia pelle" più volte, con delle svolte narrative che solo uno come Almodovar riesce a rendere "credibili", passando dal Rape & Revenge al melò, dal thriller psicologico al noir. Per alcuni il film è un mero esercizio di stile ma, al di là dei suoi innegabili meriti tecnici e registici, ha personalità, densità drammatica e fascino oscuro. Almodovar ha limato quasi del tutto i suoi "eccessi" in nome di una narrazione avvolgente ed elegante, malgrado i toni (e i temi) inquietanti. E' una delle opere più riuscite dell'anno 2011.

Voto:
voto: 4/5

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