Fatti e misfatti, amori e passioni, amicizie e tradimenti della
famigerata banda della Magliana che, negli anni '70, scalò i vertici del
potere della mala romana, intersecando la sua storia sanguinosa con
mafia e terrorismo stragistico, dando vita al periodo più oscuro della
repubblica italiana. E' difficile, specialmente in Italia, fare un film
sulla criminalità senza scadere nei tipici, imperdonabili difetti della
cinematografia di questo tipo: romanzare i fatti, creando alibi o
giustificazioni sociali, o finendo addirittura per tracciare
un'agiografia dei criminali, scelta tanto discutibile quanto pericolosa.
Placido, regista sanguigno e disordinato, e non esente dai difetti
detti prima, qui riesce, almeno in parte, ad evitarli grazie ad una
minuziosa ricostruzione storica, ambientale e politica e ad una precisa
scelta di campo: ispirarsi ai modelli eccellenti del poliziesco
americano (Friedkin innanzi tutto) ma strizzando anche l'occhio a Leone.
Buon cast corale (con Favino e Rossi Stuart sopra le righe ma anche la
dark lady della Mouglalis è notevole per sex appeal) per una storia nera
narrata con buon ritmo e sufficiente acutezza psicologica. Alla fine
non tutto quadra, ad esempio il film è troppo lungo e sfilacciato, ma la
prova può considerarsi superata per quella che va considerata, senza
dubbio, l'opera più matura del regista pugliese. Dal medesimo romanzo
ispiratore di Giancarlo De Cataldo è stata tratta l'omonima serie tv di
grande successo, diretta da Stefano Sollima (figlio di Sergio).
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