Il piccolo Totò nasce sotto un cavolo in un orto, dove viene raccolto dalla dolce vecchina Lolotta, per poi finire in un orfanotrofio dopo la sua morte. Diventato grande va a vivere in una baraccopoli di barboni alle porte di Milano, dove predica i buoni sentimenti e compie miracoli grazie all'aiuto dello spirito guida della sua madrina Lolotta, che non lo ha mai abbandonato. Quando sotto il terreno della bidonville viene trovato il petrolio, la polizia usa la forza per scacciare i poveri reietti che vi abitano. Totò compie allora il suo ultimo miracolo, grazie al quale tutti i disperati volano via da Piazza del Duomo a cavallo di una scopa verso un futuro migliore. Film cruciale, e nodale, nella filmografia di De Sica. E' una favola
gentile e surreale, sebbene fortemente ancorata alle problematiche
sociali dell'epoca, che segnò il passaggio del grande regista dal
neorealismo alla "commedia" magica. Attraverso un innovativo (e visionario) uso
della dimensione fantastica si celebra la poesia della povertà con toni
che oggi sarebbero definiti "spielberghiani". Tratto dal romanzo "Totò il buono" (1943) di Cesare Zavattini, piacque tanto agli americani (non a caso si avvale di effetti speciali made in USA curati dall'esperto Ned Mann), fu criticato dalla sinistra per l'abbandono del neorealismo e anche dalla destra per i suoi contenuti "scomodi" che denunciano il maltrattamento dei poveri emarginati per mano delle istituzioni. La celebre sequenza delle scope volanti fa parte della storia del cinema e ha ispirato molti cineasti a venire (lo stesso Spielberg ha ammesso di esserne stato influenzato per il decollo delle biciclette in E.T. l'extraterrestre). Fu premiato a Cannes con
la Palma d'Oro. Ha, evidentemente, poco a che fare con la classica "Commedia
all'italiana" ma costituisce comunque un unicum nella
nostra commedia in senso più generale. Dopo questo film De Sica approderà totalmente alla
commedia popolare e "popolaresca".
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