Il
piccolo Calogero Aniello, italoamericano del Bronx, è figlio di Lorenzo, onesto
conducente di autobus, ma è affascinato da Sonny, un potente gangster del
quartiere, con cui diventa amico. Il padre cerca in tutti i modi di contrastare
questo rapporto perchè conosce bene l’ambiente in cui è cresciuto e teme che il
figlio possa essere attratto dal fascino del male e della vita facile che il
mondo criminale promette, celando però il caro prezzo da pagare. Un giorno il
piccolo vede Sonny commettere un omicidio sotto i suoi occhi ma, quando viene
chiamato dalla polizia per un confronto diretto, rifiuta di identificare l’uomo
come autore del delitto. Il rapporto tra il bambino e il mafioso diventa sempre
più stretto, ormai Calogero vede nel criminale il padre che avrebbe sempre
voluto avere: forte, carismatico, sicuro di sè, rispettato e sempre benevolente
verso di lui. Dopo otto anni Sonny è diventato un boss e Calogero un
adolescente sempre più ammaliato dall’ambiente mafioso, per la disperazione di
Lorenzo che non rinuncia al tentativo di salvare il figlio strappandolo
dall’influenza di Sonny. Buon esordio registico di Robert De Niro con un un
dramma di formazione dai tratti malinconici che pesca a piene mani da quel background italoamericano newyorchese
che l’autore conosce alla perfezione, sia per esperienza diretta sia per le
collaborazioni con Martin Scorsese. La novità consiste nell’originalità del
punto di vista, quello di un bambino di 9 anni nella sua crescita fino ai 17,
con tutto il relativo carico di speranze, paure, sogni e idealizzazioni.
Conteso tra due figure paterne antitetiche, un lavoratore umile e onesto non
particolarmente brillante nell’eloquio ed un boss magnetico e suadente che sa
incantare il ragazzo col suo modo di fare, Calogero dovrà fare il suo difficile
e doloroso percorso interiore prima di operare una scelta e trovare la sua
strada nella vita. La regia di De Niro è discreta e sobria, esattamente come la
sua recitazione nel ruolo di Lorenzo Aniello, che si mette volutamente in
secondo piano per concedere la scena al vero protagonista (e proprietario
morale) del film: il bravissimo Chazz Palminteri, autore sia della
sceneggiatura sia della pièce
teatrale da cui la pellicola è tratta e magnifico interprete del gangster
Sonny. Il cuore della storia sta tutto in due frasi simboliche che
rappresentano i due stili di vita tra cui il piccolo è combattuto: “chi lavora è un fesso” dice Sonny (anche
se poi ammonisce sempre il ragazzo di non imitarlo), invece il solido Lorenzo,
da sempre fedele al suo onesto lavoro di autista che gli ha permesso di vivere
con dignità e senza grilli per la testa, ha sempre sostenuto che “i veri eroi sono i “fessi” che ogni mattina
si alzano per andare a lavorare”. Il finale moralistico è il punto più
debole di un’opera coesa e concreta, che scorre con buon ritmo sospesa tra
ironia e dramma, avvalendosi delle ottime recitazioni di tutto il cast. C’è
anche un cameo finale di Joe Pesci, ovviamente nel ruolo di un boss mafioso. I
nomi di Lorenzo e Calogero sono quelli dell’autore di soggetto e sceneggiatura,
Chazz Palminteri, che in realtà si chiama Calogero Lorenzo Palminteri.
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