mercoledì 21 giugno 2017

La fabbrica delle mogli (The Stepford Wives, 1975) di Bryan Forbes

L'avvocato Walter Eberard e sua moglie Joanna, stanchi del caos, dell’inquinamento e dei pericoli di una grande metropoli come New York, si trasferiscono con i figli nel villaggio di Stenford, un posto idilliaco dove tutto è calmo, pulito, decoroso e ordinato. Walter viene presto accolto calorosamente nel così detto "circolo degli uomini", mentre Joanna nota ben presto che tutte le altre mogli sembrano delle bambole impeccabili nell’aspetto ma fredde e totalmente sottomesse al loro ruolo di “angeli del focolare”. L’unica donna che fa eccezione è Bobby, arrivata da poco nella cittadina come lei. Le due entrano rapidamente in solidale complicità e cercano in tutti i modi di spingere le concittadine a reagire, emancipandosi dalla mansueta dipendenza dai rispettivi mariti. Ma quando anche Bobby si trasforma in un delizioso “manichino” come tutte le altre, Joanna inizia a spaventarsi e capisce che Stenford nasconde qualcosa di oscuro sotto la sua tranquillizzante facciata dorata. Inquietante thriller fantascientifico tratto da un romanzo di Ira Levin, interamente costruito sulle atmosfere minacciose, sulle suggestioni stranianti e sulla costante sensazione di un pericolo imminente. Ipnotico e originale nella commistione tra elementi gotici, ideologia femminista e critica feroce del consumismo, riesce a rendere perfettamente tutto l’orrore di un mondo banalmente perfetto ma in realtà vuoto perchè la perfezione non esiste e la sua affannosa ricerca finisce presto per annoiare. E’ l’imperfezione, l’imprevedibilità, il lampo di genio che sovverte le regole e cambia di colpo le prospettive a rendere l’essere umano (e la vita) interessante. Splendida la messa in scena, notevoli le ambientazioni claustrofobiche nella loro asettica impeccabilità, pungente e lucida la messa alla berlina del modello di vita capitalistico, basato sulle apparenze, sul conformismo, sull’omologazione, sulle buone maniere ipocrite, sull’ostentazione orgogliosa di un presunto benessere fondato unicamente sul possesso di cose materiali. Non tutti ne hanno colto appieno la finissima dimensione critica e la potente allegoria concettuale che rende il film una sorta di distopia grottesca che esaspera la realtà per il solo scopo di metterne a nudo le magagne, le abitudini sociali appiattite, i desideri standardizzati, non molto diversi da ciò che si vede nella pellicola, che, sotto la patina fantastica, nasconde la tensione di una velenosa satira sociale. Per la particolarità della sua tematica e per l’originalità di realizzazione, il film divenne subito un grande cult degli anni ’70. Nel cast svettano Katharine Ross e Paula Prentiss, entrambe bravissime nei rispettivi ruoli. Il film ha avuto un debole remake La donna perfetta (The Stepford Wives, 2004) di Frank Oz e con Nicole Kidman protagonista.

Voto:
voto: 4/5

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