Maximilian
Cohen è un genio matematico introverso e solitario, soggetto a frequenti
emicranie. Fermamente convinto che tutto sia riconducibile e spiegabile in
termini numerici o attraverso espressioni matematiche, il giovane abita da solo
in un piccolo appartamento di Manhattan insieme ad un super computer (chiamato
“Euclide”) da lui stesso costruito e trascorre le sue giornate alla ricerca
della formula perfetta capace di spiegare il mistero della vita, la natura di
Dio o di prevedere l’andamento economico delle borse mondiali. Braccato senza tregua
dai “lupi” del mondo esterno (broker
finanziari, affaristi rampanti, cabalisti fanatici e persino una setta di ebrei
ortodossi) il nostro giunge finalmente a una “magica” sequenza numerica in
grado di spiegare tutto, ma dovrà scontrarsi con la rapace invadenza di tutti
quelli che cercano di impadronirsi della sua scoperta per interessi personali.
Complesso e affascinante dramma di fantascienza, scritto dal regista insieme a Sean
Gullette (che è anche straordinario attore protagonista), sospeso tra
astrazioni filosofiche, misticismo concettuale, utopie pseudo-scientifiche,
atmosfere stranianti. Visivamente è un incubo claustrofobico anti-narrativo che
preferisce il racconto per immagini, mettendo in scena l’eterno contrasto tra
la “ragion pura” e la “ragion pratica”, tra l’infinito teorico e il limite
concreto, tra nirvana e mondo reale. Girato in un bianco e nero fortemente contrastato
e con una inquieta camera a mano, è un esperimento d’essai che, tra Polanski, Tsukamoto e Philip K.Dick, punta al
trascendente per poi precipitare nell’abisso della miseria umana. Capolavoro
ostico o vacuo esercizio di stile ? Nè l’uno, nè l’altro: semplicemente un
solido film autoriale che cerca, non senza manierismo, una prospettiva
originale in una realtà cinematografica piatta e inflazionata. Classica
pellicola “ammazza pubblico”, ebbe ottimi riscontri di critica e vinse l’ambito
premio alla regia al Sundance Film Festival, rassegna del cinema indipendente
statunitense che, di solito, è una buona garanzia di qualità (o di presuntuoso
anticonformismo). Buon esordio registico di Aronofsky, sicuramente più denso,
ambizioso, compatto, audace e intrigante delle sue opere successive.
Voto:
wow, devo vedermelo per forza
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