martedì 20 giugno 2017

Il giardino delle vergini suicide (The Virgin Suicides, 1999) di Sofia Coppola

Detroit, anni '70: in una bella casa in periferia vive la famiglia Lisbon, con una madre autoritaria e intransigente, un padre succube e distratto, e cinque belle figlie femmine tra i 13 e i 17 anni. Tutti i ragazzi del vicinato sono affascinati dalla presenza di queste cinque ninfe e le spiano, le desiderano, le corteggiano. Ma questo non basta a colmare l'evidente mancanza di affetto delle ragazze che appaiono fragili, tormentate, disagiate a causa di una famiglia bigotta che non è mai stata capace di amarle per ciò che sono. Come violenta reazione di una rabbia repressa e di un dolore taciuto troppo a lungo, la figlia più piccola si suicida e quella più bella si vanta di aver perso la verginità. La reazione della madre è quella di ritirarle dalla scuola e tenerle segregate in casa. Finale tragico. Amarissimo dramma familiare diretto con grande sensibilità e rigore analitico dall'esordiente Sofia Coppola (figlia del leggendario Francis Ford), tratto dal romanzo omonimo di Jeffrey Eugenides. Senza svelare nulla sul finale si può dire che la giovane regista sceglie saggiamente l'approccio di un surrealismo metaforico, con immagini potenti e affascinanti sospese tra l'onirico e il morboso, tra il naïf e il simbolismo mitico, in un abbacinante caleidoscopio di colori e di suggestioni che si fanno allegoria pulsante delle stagioni emotive delle cinque ragazze: dai turbamenti erotici ai palpiti sentimentali, dalle frustrazioni adolescenziali alle carenze affettive. La descrizione dell'ambiente medio borghese e del conformismo di un'America puritana che si apprestava ad entrare, non senza paura, nell'età moderna, è schematica nella caratterizzazione dei genitori, che sono dei meri archetipi del retaggio reazionario delle vecchie generazioni. Viceversa l'analisi interiore delle cinque figlie è vitale, pulsante, capace di cogliere quel periodo di transizione che va dalla fase acerba al rigoglioso sbocciare della femminilità. Il cuore della storia è tutto nelle cinque ragazze e nell'efficace simbolismo che associa il loro malessere interiore alla malattia che corrode gli alberi del giardino divorandoli dall'interno, espressioni differenti del medesimo cancro che è di natura esistenziale, sociale e morale. Il viaggio tra realtà e sogno dei cinque angeli biondi nel giardino che, piangendo con loro, porta i segni dello stesso male, è un vibrante atto di accusa che la regista rivolge alle famiglie assenti, all'indifferenza sociale, ai tabù culturali che impongono di salvaguardare la facciata dimenticandosi del cuore. Notevole il cast che annovera James Woods, Kathleen Turner, Kirsten Dunst, Josh Hartnett, Scott Glenn, Danny DeVito, A. J. Cook, Hanna R. Hall, Leslie Hayman e Chelse Swain. La Dunst, che poi diventerà l'attrice feticcio della Coppola, buca lo schermo con il suo sguardo intenso.

Voto:
voto: 4/5

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