mercoledì 21 giugno 2017

Salon Kitty (Salon Kitty, 1976) di Tinto Brass

Berlino, 1939: Kitty Schmidt è la proprietaria di un bordello di lusso frequentato da uomini potenti, ricchi imprenditori, politici del partito nazista e alti ufficiali dell’esercito. Allo scoppio della guerra il rampante tenente delle SS Helmut Wallemberg costringe Kitty a rimpiazzare le sue ragazze con un gruppo di prostitute di rigorosa fede nazista appositamente addestrate per carpire ogni tipo di segreto compromettente ai clienti, dopo averli opportunamente storditi con la loro abilità erotica. Tutte le denunce delle scaltre ragazze vengono accuratamente registrate da un’apposita centrale di ascolto ben nascosta all’interno del lupanare. Margherita, una bella borghese dall’animo ribelle per cui Wallemberg ha un debole evidente, intuisce la macchinazione quando un capitano da lei amato viene condannato a morte per impiccagione. L’intraprendente ragazza decide di vendicarsi di Wallemberg e organizza un ingegnoso piano per fargliela pagare. Controverso dramma erotico bellico di grande atmosfera e di morbosa fascinazione, che fa segnare l’esordio di Tinto Brass nel genere osé che poi lo ha reso tristemente famoso. Nonostante le polemiche che l’opera suscitò alla sua uscita e la generale nomea dell’autore per la sua filmografia tendente al porno e per il suo carattere pittoresco, va subito detto chiaramente che Salon Kitty non è soltanto un film serio da prendere sul serio, ma è anche un capolavoro dal punto di vista stilistico/visivo, nonché la migliore pellicola del regista milanese. Liberamente ispirato al romanzo omonimo di Peter Norden, a sua volta tratto da una storia vera, è una truce commistione isterica di sesso, violenza, perversioni, raccapriccio, sangue, nazismo, il tutto condito da una dissacrante vena allegorica che indulge nel macabro. Visto il discreto successo di pubblico la pellicola diede poi inconsapevolmente origine al famigerato filone “nazi-porno”, che imperversò negli ultimi anni ’70 con atroci filmacci di serie Z. Evidentemente squilibrato tra contenuto e forma Salon Kitty ha i suoi elementi di spicco nel sontuoso apparato figurativo e nella cura estrema del dettaglio scenografico, con evidenti influenze estetiche da autori come Visconti, Bertolucci, Chaplin, Fosse, Cavani, Kubrick, Browning. Nel cast vanno menzionati Helmut Berger (doppiato da Gigi Proietti), Ingrid Thulin, Teresa Ann Savoy e John Steiner. Per ottenere il visto di uscita la censura dell’epoca impose il taglio di sedici sequenze (eliminate o accorciate) e Brass, infuriato, andò per vie legali pretendendo (inutilmente) di far cancellare il suo nome dai crediti. Oggi l’opera è visibile nella sua versione integrale di 130 minuti nell’edizione home video. E’ un film profondamente figlio della sua epoca che difficilmente sarà compreso (e tanto meno apprezzato) da un pubblico moderno di scarsa cultura cinefila.

Voto:
voto: 3,5/5

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