Henri
Charriere, detto “Papillon”, è un francese condannato per omicidio ai lavori
forzati nel carcere-inferno dell’Isola del Diavolo, nella remota Guyana.
L’uomo, dal carattere indomito e dalla fibra forte, pensa unicamente alla fuga
(da tutti ritenuta impossibile) e stringe amicizia con il falsario Louis Dega.
Costretti a vivere e a lavorare in condizioni disumane, tra paludi melmose e
foreste selvagge, in un clima di insopportabile calura e umidità, esposti alle
malattie e alla crudeltà dei carcerieri, i due uomini stringono un intenso
legame di amicizia, reso più solido dalla comune disperazione. “Papillon” non
si perde d’animo e tenta più volte di evadere ma viene puntualmente ripreso a
causa del territorio impervio. Ridotto a un relitto umano dopo un lungo periodo
di isolamento punitivo, il nostro non sembra spezzarsi e continua a rimanere in
vita con il miraggio della fuga. Tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di
Henri Charrière, il film di Schaffner è un cupo dramma carcerario sotto forma
di epopea avventurosa che celebra il valore della libertà e la forza indomabile
dello spirito umano. Molto effettistico nelle sequenze tragiche,
ideologicamente esasperato nel mostrare un unico punto di vista (ignorando del
tutto la legittimità della punizione per chi ha sbagliato), violento e
sgradevole con programmaticità nel perseguimento del suo obiettivo, è uno
spettacolare film a tesi, indubbiamente avvincente, ma anche concettualmente fazioso
nel suo procedere a testa bassa contro il sistema giudiziario. Ebbe un grande
successo di pubblico ma suscitò aspre polemiche in merito alla veridicità degli
eventi raccontati, con accuse (forse esagerate) di apologia dei criminali e
incitamento alla ribellione eversiva. Sono invece del tutto fuori discussione
l’aspra bellezza degli scenari naturali, la grande interpretazione degli attori
protagonisti, Steve McQueen e Dustin Hoffman (memorabile il primo) e la
bellezza delle musiche di Jerry Goldsmith. Vanta tantissimi ammiratori ma resta
un film sopravvalutato per la tronfia capziosità unilaterale del suo messaggio.
La frase: “Maledetti bastardi... sono ancora vivo!”
La frase: “Maledetti bastardi... sono ancora vivo!”
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