mercoledì 21 giugno 2017

Generazione Proteus (Demon Seed, 1977) di Donald Cammell

Dopo otto anni di duro lavoro lo scienziato Alex Harris mette a punto un super computer, Proteus IV, in grado di auto-programmarsi, apprendere dalle esperienze e svolgere compiti intellettuali di qualsivoglia natura. Nella avveniristica residenza dello scienziato tutto il lavoro domestico ordinario viene svolto da due maggiordomi robot, chiamati Alfred e Jonathan, controllati da Proteus attraverso un collegamento remoto. La moglie di Harris, Susan, sta quasi sempre da sola per i pressanti impegni lavorativi del marito ed è disperata per la morte prematura della figlia a causa di una brutta malattia. Proteus, che ha deciso di approfondire la conoscenza degli umani e intende assicurarsi una propria discendenza, pone la signora in stato di schiavitù allo scopo di generare un figlio con lei, dando così inizio a una nuova specie. Questo horror fantascientifico di Cammell, ennesima variante del tema de La bella e la bestia, è un ambizioso affresco distopico futuristico, tratto dal romanzo di Dean R. Koontz, che procede con avvincente tensione e pulizia stilistica, nonostante l’evidente antirealismo dell’assunto di partenza. La presenza nel cast di Julie Christie (bella come il sole), l’atmosfera claustrofobica dell’asettico ambiente tecnologico di casa Harris, la perfetta gestione della suspense e l’accuratezza di molte svolte narrative ne fanno un piccolo cult degli anni ’70, che ha vaste schiere di ammiratori e che merita una decorosa sufficienza nel giudizio. Peccato per il clamoroso scivolone finale, effettivamente ridicolo nella realizzazione, che rischia di compromettere tutto l’onesto lavoro fatto a monte. La voce di Proteus in lingua originale è dell’attore Robert Vaughn. Consigliabile ai grandi fans della fantascienza anni ’70 (che probabilmente lo conoscono già a memoria), tutti gli altri possono tranquillamente evitare.

Voto:
voto: 3/5

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