Vita
pubblica e privata di Richard Milhous Nixon, 37° presidente degli Stati Uniti,
uno dei più controversi e pragmatici, un simbolo del lato oscuro della politica
e degli intrallazzi del potere. Il film inizia dalla fine, dallo scandalo
Watergate che, nel novembre 1973, segnò la fine della carriera politica di
Nixon, costretto a dimettersi dalla carica presidenziale. Gli eventi principali
della sua vita e della sua rapida carriera (deputato a 33 anni, senatore a 37,
vicepresidente a 39, presidente a 55) sono raccontati in flashback, con un montaggio audace e vigoroso ben supportato da
“miracolosi” effetti elettronici. E’ un kolossal storico biografico lungo (183
minuti nella versione cinematografica e 192 in quella Director's cut), puntiglioso, eccellente nella ricostruzione
ambientale, esauriente nella disamina dei fatti, ambizioso come il suo
protagonista, a volte mitizzato, altre volte tragicamente esasperato per
accontentare la narrazione romanzata che il cinema hollywoodiano impone. Più
classico, più misurato, meno isterico, più coeso e maturo rispetto agli
standard del regista (che ha un’autentica predilezione per le biografie, i
complotti e le storie caustiche contro il potere), è senza dubbio uno dei suoi
film migliori e maggiormente equilibrati, un ritratto in chiaro scuro di un
leader scomodo e ingombrante il cui destino si è sovrapposto idealmente e
praticamente con anni particolarmente bui della storia americana. Grazie
all’ottima sceneggiatura scritta dall’autore insieme a Stephen J. Rivele e
Christopher Wilkinson, la pellicola approfondisce molti aspetti della vita di
Nixon, con particolare attenzione verso la sfera privata, i tormenti interiori
e gli avvenimenti che ne hanno segnato il carattere fin dalla giovinezza. Nel
viaggio all’interno della personalità di Nixon ci vengono presentati, senza
soluzione di continuità, il rimorso doloroso per la perdita dei fratelli, la
risaputa invidia per i Kennedy (da lui sempre considerati dei privilegiati
politici che hanno ottenuto il massimo senza doversi sporcare le mani), la
frustrazione per non essere mai stato realmente amato dal popolo, l’orgoglio
smisurato, la tronfia arroganza, gli scheletri nell’armadio, i mille
compromessi, l’amara convinzione di essere stato usato come vittima sacrificale
da dare in pasto al malcontento della nazione. Grandioso il cast con Anthony
Hopkins (straordinaria e mimetica la sua interpretazione), Joan Allen, Paul
Sorvino, Ed Harris, Bob Hoskins, E.G. Marshall, Mary Steenburgen, J.T. Walsh,
James Woods e Kevin Dunn. Forse potrebbe risultare un po’ ostico al pubblico
europeo per il gran numero di riferimenti ai fatti di politica interni,
probabilmente sconosciuti ai non americani.
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