lunedì 19 giugno 2017

Pink Floyd: The Wall (Pink Floyd: The Wall, 1982) di Alan Parker

Avventurosa storia di Pink, un giovane britannico che prima deve confrontarsi con il tirannico sistema scolastico del suo paese, tutto ordini e privazioni, poi, da adulto, diventa una famosa rock star ma continua a portarsi dentro tormenti antichi e fragilità psicologiche che lo rendono instabile. Tra visioni oniriche, allucinazioni angoscianti, flashback reali o immaginari, incubi psichedelici e memorie infantili, l’inquieto Pink vive sospeso in un mondo surreale e si sente a suo agio solo quando viene avvolto dall’abbraccio dei suoi fans. Chiariamo subito che questo non è un film tradizionale ma un libero flusso di immagini per raccontare visivamente uno dei dischi più famosi e venduti della storia del rock, ovvero il concept album “The Wall” realizzato dai Pink Floyd nel 1979. Sceneggiato da Roger Waters, leader e bassista della band, e con il cantante Bob Geldof nel ruolo del protagonista Pink, è un’opera inintelligibile, surreale, metaforica, ora magnificamente visionaria ora profondamente disturbante nella sua caotica miscela di sogno, realtà, sangue, violenza, sesso, morte, con l’ausilio di splendide sequenze animate (disegnate da Gerald Scarfe) che si alternano alle immagini in live action. Presentato al Festival di Cannes del 1982 divise la critica tra scettici e affascinati, anche se tutti si resero conto di aver assistito a qualcosa di mai visto prima, un’esperienza unica, straniante e angosciante da vivere tutta con i sensi mettendo il cervello in stand-by. Come suggerito dallo stesso Roger Waters (che è il vero regista morale del film visto che Alan Parker ne ha pedissequamente eseguito i dettami) l’opera va intesa come la “colonna visiva” del disco ed è leggibile a tre livelli: uno autobiografico, uno di critica sociale e uno di elogia della follia, vista come illuminazione mistica e condizione necessaria per la massima creatività, in evidente omaggio a Syd Barrett, indimenticato fondatore e vecchio leader dei Pink Floyd che fu costretto a lasciare il gruppo dopo soli tre anni per i suoi gravissimi problemi mentali, probabilmente aumentati dall’abuso di droghe, che lo portarono in un triste isolamento fino alla sua morte. A volte esaltante, a volte deprimente, indubbiamente pretenzioso nel suo ermetismo elitario, è un cult amatissimo dai fans della storica band britannica che merita la visione già solo per avere il piacere di riascoltare i brani del magnifico “The Wall”. Vale soprattutto per il suo spirito ribelle, psichedelico, selvaggio, creativo e furiosamente originale. Per i mainstreamers è da evitare come la peste.

Voto:
voto: 3,5/5

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