Avventurosa
storia di Pink, un giovane britannico che prima deve confrontarsi con il
tirannico sistema scolastico del suo paese, tutto ordini e privazioni, poi, da
adulto, diventa una famosa rock star ma continua a portarsi dentro tormenti
antichi e fragilità psicologiche che lo rendono instabile. Tra visioni
oniriche, allucinazioni angoscianti, flashback reali o immaginari, incubi
psichedelici e memorie infantili, l’inquieto Pink vive sospeso in un mondo
surreale e si sente a suo agio solo quando viene avvolto dall’abbraccio dei
suoi fans. Chiariamo subito che questo non è un film tradizionale ma un libero
flusso di immagini per raccontare visivamente uno dei dischi più famosi e
venduti della storia del rock, ovvero il concept album “The Wall” realizzato dai Pink Floyd nel 1979. Sceneggiato da Roger
Waters, leader e bassista della band, e con il cantante Bob Geldof nel ruolo
del protagonista Pink, è un’opera inintelligibile, surreale, metaforica, ora
magnificamente visionaria ora profondamente disturbante nella sua caotica
miscela di sogno, realtà, sangue, violenza, sesso, morte, con l’ausilio di
splendide sequenze animate (disegnate da Gerald Scarfe) che si alternano alle
immagini in live action. Presentato
al Festival di Cannes del 1982 divise la critica tra scettici e affascinati,
anche se tutti si resero conto di aver assistito a qualcosa di mai visto prima,
un’esperienza unica, straniante e angosciante da vivere tutta con i sensi
mettendo il cervello in stand-by. Come
suggerito dallo stesso Roger Waters (che è il vero regista morale del film
visto che Alan Parker ne ha pedissequamente eseguito i dettami) l’opera va
intesa come la “colonna visiva” del disco ed è leggibile a tre livelli: uno
autobiografico, uno di critica sociale e uno di elogia della follia, vista come
illuminazione mistica e condizione necessaria per la massima creatività, in evidente
omaggio a Syd Barrett, indimenticato fondatore e vecchio leader dei Pink Floyd
che fu costretto a lasciare il gruppo dopo soli tre anni per i suoi gravissimi
problemi mentali, probabilmente aumentati dall’abuso di droghe, che lo
portarono in un triste isolamento fino alla sua morte. A volte esaltante, a
volte deprimente, indubbiamente pretenzioso nel suo ermetismo elitario, è un cult amatissimo dai fans della storica
band britannica che merita la visione già solo per avere il piacere di riascoltare
i brani del magnifico “The Wall”.
Vale soprattutto per il suo spirito ribelle, psichedelico, selvaggio, creativo
e furiosamente originale. Per i mainstreamers
è da evitare come la peste.
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