martedì 20 giugno 2017

Buffalo '66 (Buffalo '66, 1998) di Vincent Gallo

Billy Brown è un giovane nevrotico e particolare, non sopporta di essere toccato da un altro essere umano e passa in un attimo dalla calma assoluta a scatti d'ira violenta. Dopo cinque anni trascorsi in prigione di nascosto (i suoi lo credono fuori per lavoro) e per un reato non commesso di cui si è dovuto accusare per saldare un debito contratto al gioco puntando sulla squadra dei Buffalo Bills vincente al Super Bowl, Billy torna libero in un giorno nevoso con il proposito di uccidere un giocatore dei Bills, Scott Wood, accusato di corruzione per aver truccato la partita che è costata la galera al nostro. Visibilmente turbato ma deciso a compiere la sua missione, Billy sequestra la giovane Layla per prenderle l'automobile e questa, affascinata da lui, decide di seguirlo. Dopo una giornata trascorsa insieme, durante la quale Billy va a trovare i suoi genitori presentando Layla come sua moglie per far vedere loro che la sua vita procede bene, l'uomo inizia a provare un sentimento per la ragazza, ma ciò non lo distoglie dal suo insano proposito di vendetta. Opera prima del talentuoso e stravagante attore, artista e regista Vincent Gallo, che, in questo straniante dramma psicologico con evidenti connotazioni autobiografiche, ci propone fin dall'inizio uno sguardo originale e uno stile diverso dai canoni hollywoodiani, attraverso l'utilizzo esagitato di split screen, fermi immagine improvvisi, utilizzo anomalo del montaggio, uso della pellicola Kodak per ottenere una fotografia saturata e palesemente iperrealistica. Ipnotico e disturbante nella sua miscela di rabbia e ironia, umorismo e realismo, romanticismo e nevrosi, questo film è un'alienata favola esistenziale che ci parla di amore attraverso l'incontro di due disperate solitudini, ma ci parla anche di degrado e di mancanza di prospettive di una provincia americana popolata da perdenti, e, non di meno, ci parla di inferni familiari, di traumi infantili, di genitori perbenisti assenti, con un approccio quasi psicoanalitico e liberatorio, come se l'autore volesse usare il film a mo' di percorso formativo per liberarsi dai suoi complessi edipici. In questo senso è un'opera accorata, viscerale e profondamente sentita, sicuramente sincera e genuina ma anche soggetta a sbalzi umorali, a pulsioni interiori e quindi non sempre lucida ed equanime. In ogni caso, in un panorama cinematografico come quello hollywoodiano appiattito su standard commerciali e modelli preconfezionati, un esordio così potente, autoriale, folgorante, anticonformista e delirante nel suo estremo sperimentalismo, non può che essere accolto come autentica manna del cielo. Di ottimo livello anche il cast con Vincent Gallo, Christina Ricci e, in piccole apparizioni, Ben Gazzara, Anjelica Huston, Mickey Rourke e Rosanna Arquette. Memorabile la sequenza della visita ai genitori con il suo sottile gioco di sguardi, espressioni del viso e cose non dette. Vale già da sola il prezzo del biglietto.

Voto:
voto: 4/5

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