Per
riuscire a liberare sua moglie Maria, rapita da un feroce rivoluzionario
messicano, un ricco yankee assolda quattro avventurieri pronti a tutto: Bill
Dolworth, esperto di esplosivi, Henry “Rico” Fardan, ex comandante dell’esercito
dai modi autoritari, Hans Ehrengard, specialista in cavalli, e Jack Sharp, abilissimo
nell’uso del del lazo. Spinti dall’elevato compenso promesso dall’uomo i
quattro riescono ad entrare nel ranch del messicano, superando mille insidie,
ma trovano una sopresa imprevista. Dal romanzo “A Mule for the Marquesa” di Frank O'Rourke, Richard Brooks ha
tratto il suo miglior film e uno dei più importanti western degli anni ’60 che,
sotto la patina classica, nasconde un’anima sporca e ambigua di grande apologo
politico, denso di disincanto e di contraddizioni, il cui provocatorio animo
liberale non nasconde la necessità della rivoluzione come unica possibile
risposta al colonialismo. Con coraggio e autorevolezza il regista, autore anche
delle sceneggiatura, firma un’opera profonda e scomoda, che pone sul tavolo
questioni complesse e realistiche, avvalendosi di dialoghi memorabili,
ambientazioni di grande forza evocativa, una bella colonna sonora avvolgente di
Maurice Jarre ed un sontuoso cast in gran forma con Burt Lancaster, Lee Marvin,
Claudia Cardinale, Jack Palance, Robert Ryan e Woody Strode. Tra le sequenze da
ricordare: il formidabile incipit con
la presentazione in dissolvenza incrociata dei quattro professionisti e
l’irruzione notturna nella hacienda
messicana, un modello di costruzione della tensione e di azione vertiginosa.
Nutrendosi avidamente di contrasti e di equivoci, di polvere e di sangue, di
giustizia e di ribellione, questo western di Brooks sembra quasi anticipare le
atmosfere anarchiche e sordide che presto daranno vita, con grande successo
commerciale e di critica, ai vari mucchi selvaggi e sporche dozzine.
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