mercoledì 28 giugno 2017

Il rapporto Pelican (The Pelican Brief, 1993) di Alan J. Pakula

Darby Shaw, studentessa in legge, si dedica ad un caso di cronaca che ha colpito la sua attenzione: la morte violenta e quasi simultanea di due giudici della Corte Suprema. Brillante e sveglia, la ragazza elabora una teoria inquietante secondo la quale dietro il duplice omicidio ci sarebbe la mano di un potente magnate dell’industria, principale finanziatore della campagna elettorale del presidente in carica. Quando il suo docente (e amante), con cui  Darby  si era confidata, viene ucciso e il suo esplosivo rapporto finisce nelle mani dell’FBI, la donna si sente in pericolo e si dà alla macchia. Sarà aiutata da Gray Grantham, un coraggioso giornalista di colore tutto d’un pezzo. Secondo adattamento cinematografico di un romanzo di John Grisham, per un thriller stiracchiato e accademico, inverosimile nelle svolte e sempre alla ricerca di un macchinoso effettismo. Pieno zeppo di personaggi, di dialoghi fiacchi, di momenti morti e alla costante ricerca di una suspense che invece latita, è un evidente passo falso di Pakula che sembra quasi affidare agli attori le sorti di questo giocattolone basato sul sensazionalismo complottistico, particolarmente amato dal pubblico americano. Il lungo gioco del gatto col topo si conclude, ovviamente, con l’immancabile lieto fine hollywoodiano, offendendo ulteriormente l’intelligenza degli spettatori. Fragile e stereotipato, questo giallo stinto non convince nemmeno nella resa del cast, con Julia Roberts che da genio della logica criminale si trasforma in cerbiatta smarrita e Denzel Washington nel classico ruolo del salvatore da “arrivano i nostri”. Vanno meglio le seconde linee con Tony Goldwyn, Sam Shepard, John Heard e Stanley Tucci. E’ una di quelle pellicole da spettatore medio, televisore 24 pollici, seconda serata, i “Bellissimi” di Rete 4 e dormita sul divano dopo venti minuti. Ma, manco a dirlo, negli USA ottenne un notevole successo di pubblico (decimo incasso della stagione 1993-94). Ah! L’America!

Voto:
voto: 2/5

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