Un
poliziotto inglese, Neil Howie, viene invitato da una lettera anonima ad
investigare sulla scomparsa di Rowan Morrison, una ragazza che vive sulla
remota isola di Summerisle, al largo della Scozia. Giunto sul luogo, Howie capisce
presto che i locali, governati dallo strano Lord Summerisle, sono parecchio eccentrici
e sembrano volere ostacolare le indagini. Il poliziotto non ci mette molto a farsi
un quadro preciso della situazione angosciante in cui si trova: sull’isola
tutti praticano antichi rituali pagani di origine celtica, soggiogati dalla
personalità dominante di Summerisle, e la ragazza scomparsa potrebbe essere la
futura vittima di un sacrificio umano, in omaggio alle loro divinità, per
propiziare il nuovo raccolto. Horror britannico di culto degli anni ’70, quasi
sconosciuto in Italia dove non fu mai distribuito, tratto dal romanzo “Ritual” (1967) di David Pinner. E’ un
film di grande atmosfera e di potente valenza provocatoria (che puntualmente
suscitò scandalo e indignazione alla sua uscita) per la messa a confronto tra due
diverse religioni: quella cattolica, piena di tabù, di restrizioni e di
ipocrisia nel contrasto tra dottrina e relativa messa in pratica, e quella
celtica, arcaica, pagana, primitiva, sanguinaria, ma anche libera, istintiva,
pura, capace di accordare l’uomo con le sue pulsioni e di farlo vivere in
armonia con la natura. La sensazione che il film sia apertamente schierato
dalla parte degli isolani rispetto al poliziotto rigidamente cattolico fu uno
dei motivi principali dello scandalo di cui sopra. A questo si aggiunse la
violenza psicologica di alcune sequenze e l’audacia nell’affrontare l’argomento
sessualità, con simboli fallici, dialoghi maliziosi, comportamenti spudorati
all’insegna dell’amore libero e alcune scene di nudo integrale (memorabile
quella in cui la bella figlia del locandiere dove alloggia Howie tenta in tutti
i modi di sedurlo, ballando nuda e cantando una canzone fortemente allusiva, ma
lui resiste perchè intende arrivare vergine al matrimonio). Altro elemento
molto controverso furono i tentativi (non di certo campati in aria) di
stabilire una connessione tematica tra paganesimo e cattolicesimo, mostrando
come molte usanze della seconda religione discendano pari pari da rituali della
prima. Massacrato dalla censura, dovette subire diversi tagli e traversie, al
punto che ormai la versione originale è considerata praticamente perduta
irrimediabilmente. Attualmente la release più vicina all’opera integrale è la final cut di 95 minuti restaurata da
Canal+ nel 2013. Nel cast tra Edward Woodward, Diane Cilento e la splendida Britt
Ekland, svetta un grande Christopher Lee che consegna un altro villain memorabile alla sua lunghissima
galleria di cattivi cinematografici. Il titolo tradotto in italiano significa
“il gigante di vimini”, riferito alla grande struttura in legno dalla forma umanoide
che compariva in tutti gli antichi rituali dei Druidi durante i sacrifici
umani. Il film ha avuto un pessimo remake americano: Il prescelto (The Wicker Man,
2006) di Neil LaBute. Quest’opera coraggiosa e affascinante merita sicuramente
il recupero, specialmente da parte degli appassionati dell’estetica anni ’70.
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