martedì 20 giugno 2017

Cop Land (Cop Land, 1997) di James Mangold

Garrison è una piccola cittadina del New Jersey molto vicina a New York, appena al di là del fiume Hudson. La popolazione di Garrison è composta principalmente da poliziotti e dalle loro famiglie, che si sono trasferite lì per stare lontane dai pericoli della grande metropoli. Lo sceriffo locale, Freddy Herlin, mezzo sordo e dall’aria un po’ tonta, è convinto di vivere in un posto idilliaco ma uno zelante ispettore della disciplinare gli fa aprire gli occhi: gli sbirri di Garrison sono quasi tutti corrotti e si coprono tra loro per prosperare con loschi affarri insieme alla mafia. Quando iniziano i morti ammazzati Herlin si rivela meno sciocco delle apparenze e diventa il persecutore dei colleghi traviati. Ottimo poliziesco scritto e diretto da James Mangold, che all’azione preferisce le atmosfere, i gesti, le espressioni, i dialoghi, l’approfondimento psicologico dei personaggi principali. E’ un film amaro e notturno, un western urbano con poche sparatorie e parecchia sostanza, che riflette sul problema della corruzione nella società americana, un cancro da cui nessun settore è esente, polizia compresa. Attendibile nella vicenda, pungente nei dialoghi, realistico nelle ambientazioni e lucido nella sua impietosa analisi antropologica è un piccolo gioiellino che ebbe buoni riscontri di critica e pubblico e che dimostra che il cinema americano non produce solo film muscolari ma anche opere dotate di cuore e cervello. Grande il cast con Harvey Keitel, Ray Liotta, Robert De Niro (tutti bravissimi) ed un inedito Sylvester Stallone (elogiatissimo dalla critica), ingrassato e in tono dimesso, con un personaggio molto più umano, tormentato e diverso dagli eroi muscolosi che è solito interpretare sul grande schermo. E’ proprio Stallone la sorpresa più lieta di questo solido poliziesco graffiante, il cui sceriffo Freddy Herlin, lento e bolso, che si emoziona ascoltando "Stolen Car" di Bruce Springsteen e si strugge al ricordo dei baci fugaci della bella Liz Randone (Annabella Sciorra), tocca il cuore del pubblico molto più dei vari Rambo e Rocky, icone mitizzate di un’America forte e vincente ma assai lontana dalla realtà quotidiana della gente. Peccato per il finale troppo banalmente risolutivo, l’unica esagerazione di un film ben calibrato, a cui comunque voglio assegnare le quattro stelline, preferendo guardare il bicchiere mezzo pieno.

Voto:
voto: 4/5

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