Garrison
è una piccola cittadina del New Jersey molto vicina a New York, appena al di là
del fiume Hudson. La popolazione di Garrison è composta principalmente da
poliziotti e dalle loro famiglie, che si sono trasferite lì per stare lontane
dai pericoli della grande metropoli. Lo sceriffo locale, Freddy Herlin, mezzo
sordo e dall’aria un po’ tonta, è convinto di vivere in un posto idilliaco ma
uno zelante ispettore della disciplinare gli fa aprire gli occhi: gli sbirri di
Garrison sono quasi tutti corrotti e si coprono tra loro per prosperare con
loschi affarri insieme alla mafia. Quando iniziano i morti ammazzati Herlin si
rivela meno sciocco delle apparenze e diventa il persecutore dei colleghi
traviati. Ottimo poliziesco scritto e diretto da James Mangold, che all’azione
preferisce le atmosfere, i gesti, le espressioni, i dialoghi, l’approfondimento
psicologico dei personaggi principali. E’ un film amaro e notturno, un western
urbano con poche sparatorie e parecchia sostanza, che riflette sul problema
della corruzione nella società americana, un cancro da cui nessun settore è
esente, polizia compresa. Attendibile nella vicenda, pungente nei dialoghi,
realistico nelle ambientazioni e lucido nella sua impietosa analisi
antropologica è un piccolo gioiellino che ebbe buoni riscontri di critica e
pubblico e che dimostra che il cinema americano non produce solo film muscolari
ma anche opere dotate di cuore e cervello. Grande il cast con Harvey Keitel,
Ray Liotta, Robert De Niro (tutti bravissimi) ed un inedito Sylvester Stallone
(elogiatissimo dalla critica), ingrassato e in tono dimesso, con un personaggio
molto più umano, tormentato e diverso dagli eroi muscolosi che è solito
interpretare sul grande schermo. E’ proprio Stallone la sorpresa più lieta di
questo solido poliziesco graffiante, il cui sceriffo Freddy Herlin, lento e
bolso, che si emoziona ascoltando "Stolen
Car" di Bruce Springsteen e si strugge al ricordo dei baci fugaci della
bella Liz Randone (Annabella Sciorra), tocca il cuore del pubblico molto più
dei vari Rambo e Rocky, icone mitizzate di un’America forte e vincente ma assai
lontana dalla realtà quotidiana della gente. Peccato per il finale troppo
banalmente risolutivo, l’unica esagerazione di un film ben calibrato, a cui
comunque voglio assegnare le quattro stelline, preferendo guardare il bicchiere
mezzo pieno.
Voto:
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