lunedì 26 giugno 2017

Tamburi lontani (Distant Drums, 1951) di Raoul Walsh

Nelle inospitali paludi della Florida, in cui ai pericoli naturali si aggiunge la minaccia dei feroci indiani Seminole, una pattuglia di militari viene inviata in missione con lo scopo di distruggere il deposito di armi dei predoni pellerossa in modo da renderli inoffensivi. Alla guida del drappello c’è un ufficiale di marina e un capitano degli scout, Wyatt, che ancora piange la sua bella moglie indiana assassinata da un gruppo di soldati ubriachi. Dopo avere distrutto il fortino dove i Seminole, aiutati da contrabbandieri ispanici, tengono munizioni e prigionieri, Wyatt e i sopravvissuti guidano la pericolosa marcia di ritorno verso la salvezza attraverso le ostili paludi. Western atipico, a cominciare dalle ambientazioni paludose e acquatiche, è un film avventuroso a due livelli (l’impresa dei protagonisti e il percorso interiore del capitano) che procede sul filo di un solido rigore morale di matrice evangelica. Tutto questo grazie alla saldezza etica di Wyatt, uno dei pochi eroi saldi, integri e sereni nella galleria di personaggi descritti dall’autore nel corso della sua filmografia, che mantiene un decoroso distacco rispetto alla sua missione, rispettando in egual misura bianchi e indiani, senza animosità vendicative o preconcetti razzisti. La natura avvolgente, autentica protagonista aggiunta, diventa l’involucro pulsante di questo itinerario spirituale, che pur non rinunciando alle sequenze d’azione, cerca un sguardo di compromesso rispetto al conflitto spagnolo-americano e alla questione dello sterminio dei nativi. Notevole interpretazione del protagonista Gary Cooper e almeno tre sequenze memorabili: l’arrivo al cimitero indiano, l’assalto notturno dei Seminole e la lotta finale sott’acqua. Il cinema d’azione di Walter Hill deve sicuramente qualcosa a questa poco conosciuta pellicola di Walsh.

Voto:
voto: 4/5

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