Anna e Otto si amano teneramente e in segreto fin dall'infanzia, entrambi convinti, per motivi diversi, che il loro amore sia una sorta di predestinazione alla quale non si può sfuggire. La vita li unisce e li separa di continuo, i due diventano persino "fratellastri", rendendo più difficile l'esternazione del loro sentimento, che li terrà comunque sempre uniti, come un filo invisibile che non può essere spezzato. Fino ai confini estremi del mondo. Melodramma "raffreddato" e compassato, che procede in crescendo attraverso atmosfere oniriche ed immagini di alto magistero registico per analizzare la dicotomia lontananza (geografica) - vicinanza (sentimentale) ed il suo viceversa. Medem (che ne ha scritto anche soggetto e sceneggiatura) ci regala delle trovate visive di grande ingegno e di notevole altezza lirica. La sobrietà dei toni, gli inserti da favola surreale e l'intimismo evocativo di molte sequenze sono assolutamente degni di lode. La classe non manca, così come la struggente fascinazione e la malinconia di un epilogo poetico, ma qualche limatura qua e là avrebbe giovato. E' un film che rinvigorisce e rivaluta il senso dell'aggettivo "romantico" nel cinema contemporaneo, allontanandolo da sinonimi negativi quali "banale" o "melenso". E' anche un'opera dal profondo respiro circolare, attraverso le ineffabili ellissi del tempo e del destino, arbitro supremo delle umane sorti. Non a caso i nomi dei due protagonisti (efficacemente interpretati da Najwa Nimri e Fele Martinez) sono parole palindrome. Di grande suggestione le musiche di Alberto Iglesias, storico collaboratore del regista basco.
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