venerdì 14 luglio 2017

Blow (Blow, 2001) di Ted Demme

George Jung, ragazzo provinciale, figlio di un operaio onesto e comprensivo e di una madre anaffettiva e litigiosa, cresce col mito di diventare importante per affrancarsi dalla sua umile realtà priva di prospettive. Sbarcato giovanissimo in California, diventa uno spacciatore di marijuana negli anni ’60 ed ha l’intuizione di diffondere la cocaina (la “droga dei ricchi”) tra i vip, gli attori e le persone di spettacolo, acquistandola direttamente dal Sud America. Negli anni ’70 Jung diventa il re della cocaina americano, fa soldi a palate, compra ville sfarzose e macchine di lusso, si sposa con la bella compagna di un altro boss e fa affari direttamente con Pablo Escobar, il più potente e temuto narcotrafficante del mondo. Ma il suo sogno di grandezza non dura a lungo: tradito e abbandonato da tutti, con solo il vecchio amorevole padre sempre dalla sua parte, Jung finisce in carcere e si vede confiscare tutti i suoi averi dal governo americano. Condannato all’ergastolo, rimane da solo, tra rimpianti e rimorsi ed il cruccio di una figlia con cui non è mai riuscito a stabilire un rapporto di affetto. Da un romanzo di Bruce Porter, ispirato alla vera storia di George Jung, Demme ha tratto un cupo dramma esistenziale, sotto forma di ascesa e caduta, in cui il crimine, la droga e i fiumi di denaro sono solo lo scenario di fondo, il mezzo attraverso cui un’anima tormentata e disperata cerca in tutti i modi di elevarsi, di distinguersi, di sentirsi accettato ed amato, scegliendo, ovviamente, una strada molto sbagliata. E’ questo il taglio, romanzato, malinconico e romantico, che il regista sceglie di dare al suo George Jung, interpretato con efficace carisma da Johnny Depp all’apice del suo splendore fisico. Ma, dopo una prima metà molto interessante nella ricostruzione delle atmosfere d’epoca e nella rappresentazione della determinazione di Jung di fare strada nell’ambiente degli stupefacenti, il film si ingolfa tra situazioni prevedibili, sentimentalismo mieloso, moralismo edificante ed esasperazioni emotive, consegnandosi ad un finale scontato che cerca a tutti i costi la facile commozione. Buono il cast, che, oltre al trasformista Depp, annovera Penélope Cruz, Franka Potente, Ray Liotta, Jordi Molla, Paul Reubens e Cliff Curtis. Gli effetti di invecchiamento degli attori, ottenuti grazie al trucco prostetico, appaiono poco convincenti, appesantendo ulteriormente l’epilogo. Il film ha riscosso comunque un buon successo di pubblico, anche grazie all’ascendente del protagonista che in quel periodo era al top del suo fascino divistico. Demme non è Scorsese e la cosa è più che evidente a tutti, ma mi sento di concedere mezza stellina in più per l’agile energia della prima parte e per l’affiatamento del cast, in cui la Potente e Liotta stanno al passo di Depp.

Voto:
voto: 3/5

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