George
Jung, ragazzo provinciale, figlio di un operaio onesto e comprensivo e di una
madre anaffettiva e litigiosa, cresce col mito di diventare importante per
affrancarsi dalla sua umile realtà priva di prospettive. Sbarcato giovanissimo
in California, diventa uno spacciatore di marijuana negli anni ’60 ed ha
l’intuizione di diffondere la cocaina (la “droga dei ricchi”) tra i vip, gli
attori e le persone di spettacolo, acquistandola direttamente dal Sud America.
Negli anni ’70 Jung diventa il re della cocaina americano, fa soldi a palate,
compra ville sfarzose e macchine di lusso, si sposa con la bella compagna di un
altro boss e fa affari direttamente con Pablo Escobar, il più potente e temuto
narcotrafficante del mondo. Ma il suo sogno di grandezza non dura a lungo:
tradito e abbandonato da tutti, con solo il vecchio amorevole padre sempre
dalla sua parte, Jung finisce in carcere e si vede confiscare tutti i suoi
averi dal governo americano. Condannato all’ergastolo, rimane da solo, tra
rimpianti e rimorsi ed il cruccio di una figlia con cui non è mai riuscito a
stabilire un rapporto di affetto. Da un romanzo di Bruce Porter, ispirato alla
vera storia di George Jung, Demme ha tratto un cupo dramma esistenziale, sotto
forma di ascesa e caduta, in cui il crimine, la droga e i fiumi di denaro sono
solo lo scenario di fondo, il mezzo attraverso cui un’anima tormentata e
disperata cerca in tutti i modi di elevarsi, di distinguersi, di sentirsi
accettato ed amato, scegliendo, ovviamente, una strada molto sbagliata. E’
questo il taglio, romanzato, malinconico e romantico, che il regista sceglie di
dare al suo George Jung, interpretato con efficace carisma da Johnny Depp
all’apice del suo splendore fisico. Ma, dopo una prima metà molto interessante
nella ricostruzione delle atmosfere d’epoca e nella rappresentazione della
determinazione di Jung di fare strada nell’ambiente degli stupefacenti, il film
si ingolfa tra situazioni prevedibili, sentimentalismo mieloso, moralismo
edificante ed esasperazioni emotive, consegnandosi ad un finale scontato che
cerca a tutti i costi la facile commozione. Buono il cast, che, oltre al
trasformista Depp, annovera Penélope Cruz, Franka Potente, Ray Liotta, Jordi
Molla, Paul Reubens e Cliff Curtis. Gli effetti di invecchiamento degli attori,
ottenuti grazie al trucco prostetico, appaiono poco convincenti, appesantendo
ulteriormente l’epilogo. Il film ha riscosso comunque un buon successo di
pubblico, anche grazie all’ascendente del protagonista che in quel periodo era al
top del suo fascino divistico. Demme non è Scorsese e la cosa è più che
evidente a tutti, ma mi sento di concedere mezza stellina in più per l’agile
energia della prima parte e per l’affiatamento del cast, in cui la Potente e
Liotta stanno al passo di Depp.
Voto:
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