mercoledì 12 luglio 2017

I figli degli uomini (Children of Men, 2006) di Alfonso Cuarón

Nell’anno 2027 l’umanità è condannata all’estinzione perchè colpita da una forma di sterilità su scala globale che impedisce la procreazione. Ovunque imperversano guerriglie, fame, atti vandalici, sommosse e soprusi ai danni dei più deboli come gli immigrati o le classi proletarie. L’Inghilterra è succube di un regime totalitario che tratta profughi ed extra comunitari come bestie, ammassandoli in pericolosi quartieri ghetto in preda al degrado e alla brutalità quotidiana. Quando una giovane donna africana resta miracolosamente incinta dopo circa 20 anni da cui non ci sono più nuove nascite, l’ex militare Theo si fa avanti per proteggerla e portarla fuori dalle zone pericolose, verso un’area franca nelle isole Azzorre. Questo vibrante thriller di fantascienza apocalittica di Alfonso Cuarón, tratto da un romanzo di P.D. James del 1993, è un film duro e teso, dalla messa in scena rudemente realistica all’insegna di una truce efferatezza visiva e concettuale. Cupo e nichilista nel disincanto dei personaggi principali, si svolge come un lungo inseguimento al cardiopalma sul filo sottile di una speranza per il futuro dell’umanità, una speranza che, non a caso, ha i tratti somatici dell’Africa, quel terzo mondo troppo a lungo sfruttato e bistrattato che adesso ci invade con il suo “esercito” di disperati. La messa in scena frenetica ed iperrealista si avvale della bella fotografia grigia di Emmanuel Lubezki e del frequento utilizzo di piani sequenza o di sequenze di battaglia concitate, realizzate con la videocamera a spalla, che immergono letteralmente lo spettatore in un caos di furiosa violenza visiva e sonora, con un approccio da documentario bellico. Di buon livello il cast con Clive Owen, Michael Caine, Chiwetel Ejiofor, Claire-Hope Ashitey e Julianne Moore, protagonista di una scena di alta intensità drammatica. Memorabile, per realizzazione tecnica e potenza espressiva, la sequenza dei carri armati che colpiscono il palazzo. Senza frontiere, senza nazionalismi e senza bandiere, questa pellicola di Cuarón si pone come un tenebroso monito globale rivolto all’umanità contro ogni forma di disumanizzazione, di discriminazione e di prevaricazione. Si avvale di una magnifica colonna sonora eterogenea che spazia da Lennon a Battiato, dai Rolling Stones ai Radiohead, dai Deep Purple ai King Crimson, senza dimenticare il gustoso omaggio ai Pink Floyd con il maiale della copertina di “Animals” che svolazza nel cielo di Londra.

Voto:
voto: 3,5/5

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