venerdì 14 luglio 2017

Il diario di Bridget Jones (Bridget Jones's Diary, 2001) di Sharon Maguire

Bridget Jones, londinese trentenne, nubile, non molto in forma e impiegata in una casa editrice, si barcamena tra diete, buoni propositi, frustrazioni quotidiane e voglie di tenerezza. Incapace di trovare l’uomo giusto e di mantenere il suo umore stabile, la donna sceglie di darsi una regolata, inizia a scrivere un diario e passa ad un abbigliamento più sexy, grazie al quale riesce ad andare a letto col suo capo, il farfallone Daniel Cleaver. Dopo aver capito che la relazione non andrà mai oltre l’avventura sessuale, Bridget inizia a frequentare il serioso Mark Darcy, che però le si rivela come un pedante mammone fissato per il lavoro. Ma, a volte, le apparenze ingannano. Frizzante commedia rosa di Sharon Maguire, tratta dall’omonimo best seller della giornalista Helen Fielding, è stato uno dei film rivelazione dell’anno 2001, facendo segnare un grande riscontro di pubblico ed un impensabile incasso al box office (281 milioni di dollari a fronte di un budget speso di 26 milioni). Per quanto sia una commedia innocua, sempliciotta, scontata e prevedibile nei suoi sviluppi da soap opera, la chiave del suo successo è tutta nel personaggio di Bridget, tratteggiato con innegabile furbizia per la sovra esposizione di fragilità, nevrosi, difetti fisici e cattive abitudini, ovvero tutte quelle cose di cui una donna non parlerebbe mai apertamente, in una società schiava dell’immagine in cui il non essere omologati con look e comportamenti di moda significa essere automaticamente esclusi dal giro che conta e banditi come sfigati. L’autoironia di Bridget e il suo essere lontana da quei modelli estetici di perfezione femminile con cui i media ci bombardano quotidianamente, hanno reso immediatamente il personaggio adorabile, simpatico ed irresistibile per tutte le donne che si sentono inadeguate, imperfette, e insicure, che si sono immediatamente identificate con la maldestra protagonista. Ma, probabilmente, anche il partito di minoranza delle così dette “gnocche” (tanto per usare il linguaggio moderno) avrà trovato elementi di solidale empatia con la nostra amabile biondina. A tutto questo, ovviamente, va aggiunta la notevole interpretazione di Renée Zellweger (ingrassata per l’occasione e perfetta anche nell’esibizione di un invidiabile accento british), che, grazie a questo film, ha ottenuto una grande notorietà internazionale e la sua prima nomination agli Oscar. A completamento del cast ci sono Colin Firth, Hugh Grant, Jim Broadbent e Gemma Jones. Il film vede naufragare le sue vaghe ambizioni di disincantata parabola ironica sul disagio generazionale dei trentenni di oggi, viziati e insoddisfatti, nella fragilità dell’impianto narrativo e nel suo persistente disimpegno. Sull’onda del grande boom commerciale la pellicola ha dato vita a due seguiti: Che pasticcio, Bridget Jones! (2004) e Bridget Jones's Baby (2016), sempre con la  Zellweger protagonista.

Voto:
voto: 2,5/5

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