giovedì 13 luglio 2017

Sette anime (Seven Pounds, 2008) di Gabriele Muccino

Tim Thomas, ingegnere depresso e tormentato dai sensi di colpa per un terribile errore commesso in passato (per distrazione ha provocato un disastroso incidente stradale che ha causato sette vittime tra cui sua moglie), si lancia anima e corpo in una missione di redenzione: assume l’identità di suo fratello Ben, che lavora per l’agenzia delle entrate, e si mette alla ricerca di sette persone “degne”, sconosciute e afflitte da un serio problema per cambiar loro la vita in meglio tramite un gesto straordinario. Ma il suo incredibile piano entra in crisi quando il nostro si innamora di Emily Posa, una bella cardiopatica finita sulla sua lista. Il secondo film hollywoodiano di Gabriele Muccino, ancora con il divo Will Smith mattatore protagonista, è un ambizioso dramma irrealistico, sospeso tra follia e misticismo, che porta a livelli parossistici concetti cristiani come espiazione e salvazione. Patinato nella forma, tronfio nel suo greve moralismo, prevedibile nell’evoluzione (nonostante il tentativo di confondere lo spettatore tramite la struttura a flashback temporalmente sfalsati), sdolcinato nella sua retorica sentimentale, edificante nel suo buonismo sensazionalistico, pateticamente straziante nel suo incedere doloroso e programmaticamente lacrimoso nel finale effettistico, è una grossolana fiera dozzinale di buoni sentimenti in bilico tra il favolistico e il ridicolo. In America è stato bollato dai critici, in Italia c’è stata qualche labile apertura, ma il pubblico, in generale, non lo ha disprezzato. Nel cast, tra Will Smith, Woody Harrelson, Michael Ealy e Barry Pepper, la più convincente è una dolente Rosario Dawson. Il termine “Pound” in inglese ha molti significati oltre a quello di “anima”, ma il più probabile (al di là della scelta di traduzione della distribuzione italiana) è quello, di ispirazione shakespeariana, di “libbra” (di carne) per saldare il proprio debito con il destino.

Voto:
voto: 2/5

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