David
Gale, brillante professore di filosofia presso l’Università del Texas e
indomito attivista del movimento in favore dell’abolizione della pena di morte,
viene arrestato e condannato alla pena capitale per l’omicidio di una sua
collega, Constance Harraway. Proclamandosi sempre innocente, Gale, in attesa
dell’esecuzione nel braccio della morte, si mette in contatto con una grintosa
giornalista, Bitsey Bloom, ottenendo di essere intervistato per rendere
pubblica la sua storia e la sua versione della verità. Durante il racconto
dell’uomo, la Bloom si convince della sua innocenza e comincia a indagare per
conto suo nel tentativo di salvarlo, in una disperata corsa contro il tempo. Ma
ciò che scoprirà andrà oltre ogni possibile immaginazione. Avvincente thriller
d’impegno civile diretto da Alan Parker con ritmo teso, messa in scena aspra,
approccio “a tesi” e la consueta inclinazione al sensazionalismo effettistico
che, probabilmente, lascerà a bocca aperta il pubblico medio ma non potrà non
far storcere il naso allo spettatore più attento ed esigente. Non è facile
commentare questo film senza rivelare dettagli della trama che non devono in
alcun modo essere svelati, per non rovinare la sorpresa di un lungo finale dal
forte effetto spiazzante che contiene ben tre colpi di scena (attenzione quindi
a non allontanarsi prima dei titoli di coda). Ma quello che doveva essere il
maggior punto di forza (l’imprevedibile twist
ending) si rivela, invece, una imperdonabile debolezza che sposta il film
su un piano totalmente inverosimile, paradossale, machiavellico, macchinoso e,
ad un certo livello, addirittura controproducente rispetto alla causa sostenuta
dall’autore. L’accumulo ridondante di situazioni forti dell’epilogo finisce per
stordire e sprecare quanto di buono seminato in una prima parte indubbiamente
appassionante, concepita come un serrato film d’inseguimento in cui il
cacciatore è il tempo. Molto buono il cast con Kevin Spacey, Kate Winslet, Laura
Linney, Lee Ritchey e una super sexy Rhona Mitra, che ci regala una sequenza
“bollente” non facile da dimenticare. E più un’occasione mancata che un’opera effettivamente
compiuta, con la netta sensazione che tutto sia stato pensato in funzione del
colpo di teatro finale. Al pubblico mainstream
potrebbe anche piacere molto.
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