giovedì 13 luglio 2017

The Skeleton Key (The Skeleton Key, 2005) di Iain Softley

La bionda Caroline, dopo aver assistito impotente alla morte del padre, ha deciso di cambiare vita, diventando una risoluta infermiera per prendersi cura delle persone malate. Dopo essersi trasferita in Louisiana viene assunta dall’anziana Violet, che abita in una vecchia casa isolata tra le paludi, per assistere suo marito Ben, muto e parzialmente paralizzato dopo un misterioso incidente. La ragazza percepisce subito che nella casa c’è una strana atmosfera di strisciante pericolo e che Ben sembra volerle comunicare qualcosa con il suo sguardo atterrito, ma non intende rinunciare all’incarico. Dopo essere entrata in possesso di una chiave passe-partout, Caroline scopre una strana stanza segreta piena di specchi e di oggetti che fanno pensare alla magia nera dei rituali vudù. L’ambigua Violet le racconta allora una vecchia storia del passato, legata a due camerieri di colore che lavoravano nella casa ed erano potenti stregoni del vudù, poi scoperti e impiccati dai precedenti proprietari. La ragazza si convince che la malattia di Ben sia legata ad una terribile maledizione proveniente dalla stanza nascosta, ma non può neanche lontanamente immaginare l’orribile segreto che vi è sepolto. Notevole horror di atmosfera di Iain Softley, scritto dallo specialista Ehren Kruger, tutto giocato sulle suggestioni sfuggenti, sul senso di minaccia incombente e su sensazioni di un orrore inquietante che ti sta col fiato sul collo ma che non riesci a scorgere. E’ un film di attese, di passaggi e di ambiguità, tutto giocato sul filo dell’indeterminato, della superstizione, della paura del soprannaturale e del confine tra sogno e realtà. Senza mai puntare sullo shock esplicito o sugli effetti gore, questo raffinato horror psicologico si insinua lentamente e silenziosamente nel profondo per solleticare i terrori ancestrali e per affermare un principio fondamentale di ogni pratica paranormale, in base al quale, affinché una magia funzioni, è necessario che la sua vittima ci creda fermamente. Molto efficaci le ambientazioni umide e malsane delle paludi del sud degli Stati Uniti, avvolgenti le musiche di Ed Shearmur e bella prova del cast che annovera Kate Hudson, Gena Rowlands, Peter Sarsgaard e John Hurt, incredibilmente espressivo senza mai pronunciare una sola parola. Molto bello e riuscito lo spiazzante finale a sorpresa, che dona alla vicenda una nuova luce inaspettata e che pone decisamente il film sopra la media dei suoi simili.

Voto:
voto: 3,5/5

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