Una vecchia villa nelle campagne venete è teatro di una rimpatriata familiare per l'arrivo da Milano di Nicky, venditore di auto di lusso tornato a trovare la sorella Marta insieme al suo giovane amico-amante Picchio. Nella grande casa, abitata da sole donne, vivono anche la nipote Anna, che ha una relazione nascosta con l'orfana Claudia (accolta in famiglia fin da piccola), e la governante Caterina. Tra ricordi e nostalgie il gruppo organizza una gita domenicale a Venezia, ma una improvvisa tragedia li costringerà a rinunciare e farà entrare Nicky in una profonda crisi interiore. Il sesto film del "mitteleuropeo" Brusati è un dramma lirico crepuscolare di grande atmosfera e di sottile malinconia. Un'opera personale e colta, ricca di suggestioni ma anche di evidenti citazioni al cinema d'autore europeo. Raffinato nella sua estetica viscontiana e sottile nel suo intimismo bergmaniano, è emblematicamente ricercato già nella scelta dell'ambientazione: l'entroterra bucolico delle ville trevigiane, terra di fascini e di misteri, dove nobili decaduti e ricchi borghesi erano soliti rifugiarsi per sfuggire dal caos veneziano. Il film affronta molte tematiche delicate: l'identità sessuale, il valore della memoria, l'ansia di invecchiare, la paura della morte, il retaggio di un'educazione restrittiva, l'emancipazione dai tabù sociali, i legami familiari. Probabilmente troppi e infatti non tutto viene messo a fuoco e analizzato con la giusta dose di sensibilità, generando uno scarto tra bellezza formale ed equilibrio dei contenuti. Rimane comunque un'opera valida e rappresentativa, con un respiro europeo ed una liricità intrisa di pathos esistenziale. Nel cast, tra Erland Josephson, Eleonora Giorgi e Hella Petri, spicca una bravissima Mariangela Melato, che brilla di luce propria fin dalla prima apparizione. Il film fu candidato agli Oscar come miglior film straniero (il premio fu però vinto da Il tamburo di latta di Volker Schlöndorff).
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