lunedì 10 maggio 2021

La lunga notte del '43 (1960) di Florestano Vancini

Nell'autunno del 1943, poco dopo la firma dell'Armistizio di Cassibile che divise l'Italia in due, i fascisti di Ferrara cercano di riorganizzarsi. All'interno della direzione locale del partito emergono due figure contrastanti: il moderato Bolognesi, console reggente, e il fanatico Aretusi, sostenitore dell'azione violenta. Aretusi assolda un sicario, fa uccidere il rivale per prendere il comando e incolpa del delitto gli antifascisti. La repressione delle camicie nere sarà terribile e spietata, parecchi innocenti verranno fucilati per la sete di potere di Aretusi. Nell'eccidio sarà coinvolta, in maniera trasversale ma ugualmente drammatica, anche la famiglia del farmacista Barilari, fascista di vecchio stampo divenuto paralitico per una grave malattia. Primo film del ferrarese Florestano Vancini (il migliore della sua carriera), ispirato al racconto breve "Una notte del '43" tratto dalla raccolta "Cinque storie ferraresi" di Giorgio Bassani. Sceneggiato da Pier Paolo Pasolini ed Ennio De Concini, è un dramma storico di cupa suggestione morale (magistralmente espressa dalle atmosfere tetre di una Ferrara grigia, fredda e nebbiosa), di veemente impegno civile e di lucida indignazione etica. La narrazione asciutta e tesa, ma anche profondamente evocativa nella prima parte, risente chiaramente della formazione neorealista del regista e anche delle sue naturali affinità con l'intimismo tipico del cinema d'autore francese. Nella seconda metà il film degrada verso il melodramma sentimentale, mettendo in risalto le vicende della famiglia Barilari: con la moglie Anna che riallaccia una relazione con una sua vecchia fiamma mai dimenticata, Villani, che sarà poi colpito duramente negli affetti personali dalla strage dei presunti antifascisti. Questa scelta fa perdere qualche colpo alla forza politica della pellicola, che però si riscatta ampiamente nel finale amaramente inquietante (non letto da tutti nel modo giusto). Un epilogo dal senso tragico che sottolinea la connivente indifferenza di molti ignavi che, per mantenere un pavido quieto vivere, fecero finta di dimenticare, di non sapere o di non vedere. Nel grande cast, tra la compianta Belinda Lee, Gabriele Ferzetti, Enrico Maria Salerno ed Andrea Checchi, spicca un irriconoscibile e mefistofelico Gino Cervi nel ruolo di Aretusi. Fa una piccola apparizione anche la giovane Raffaella Pelloni, prima di diventare la Carrà nazionale. Il film venne premiato al Festival di Venezia come migliore opera prima.

Voto:
voto: 4/5

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