Sicilia, anni '70. I Ciraulo sono una numerosa famiglia della periferia palermitana composta da padre, madre, due nonni e due figli. Il capofamiglia Nicola si arrangia con lavori precari, la vita è misera e i soldi sempre troppo pochi. Quando la piccola figlia viene uccisa da un proiettile vagante esploso durante un regolamento di conti tra criminali, l'uomo chiede allo stato il risarcimento per le vittime di mafia. In attesa del denaro, bloccato da traversie burocratiche, Nicola spende, spande e s'indebita. Alla fine il solo frutto tangibile dell'indennizzo sarà una lussuosa Mercedes nuova di zecca, simbolo del tanto agognato riscatto sociale. Ma i Ciraulo non hanno fatto i conti con la leggendaria "invidia degli dei". Tragicomica satira di costume in salsa grottesca su quella "italietta" miserevole, ignorante e teneramente mediocre, riconoscibile in molte realtà proletarie del "belpaese", specialmente meridionali. E' il primo film da "solista" del palermitano Daniele Ciprì, che, per l'occasione, si è episodicamente separato dal suo abituale collaboratore Franco Maresco (i due avevano realizzato insieme tre lungometraggi per il cinema, a firma "Ciprì e Maresco", e inventato quella straordinaria sarabanda sarcastica televisiva che porta il nome di "Cinico TV"). Adattando il romanzo omonimo di Roberto Alajmo, l'autore ha realizzato un'opera divertente, drammatica, pungente e irridente, una farsa pacata dei malcostumi dell'italiano medio, amara nelle conclusioni ma anche empaticamente affettuosa verso i suoi personaggi, maschere bizzarre e maldestre, sottoprodotti di vizi antichi e atavici complessi. La "fame" è il tema principale e il motore dell'azione di questa pellicola, ambientata in un Sud idealizzato e anti-realistico, e percorsa da evidenti echi verghiani (l'ideale dell'ostrica, l'ossessione della rivincita sociale, il culto della "roba" come effige di rivalsa). Più che corrosivo è un film auto-derisorio, all'insegna di un'ironia sociale lucida, beffarda, rassegnata e bonaria, pateticamente fatalista nel prendere atto che certe dinamiche sono parte integrante della nostra società, talvolta meschina e sciagurata. Tutto il cast risulta efficace e perentorio, tutti con le facce giuste per l'occasione: oltre al consueto mattatore Toni Servillo, vanno segnalati anche Aurora Quattrocchi e Giselda Volodi. Due premi "minori" al Festival di Venezia: Premio UNICEF e Premio Osella a Daniele Ciprì.
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