Un vecchio cinema di Taipei, ormai prossimo alla chiusura definitiva, proietta per l'ultima volta un kolossal del genere cappa e spada del 1966, "Dragon Inn". In una notte di pioggia un giovane giapponese si rifugia nella sala per ripararsi e assiste all'ultimo spettacolo. Intorno a lui si muovono strane presenze: la bigliettaia invalida che desidera incontrare il giovane proiezionista, che non ha mai conosciuto anche se lavora lì da anni. I due si cercano, senza trovarsi, in corridoi che sembrano labirinti. In platea, tra i pochissimi spettatori, il giapponese vede delle persone anziane che somigliano ai personaggi del film e che sembrano commossi. Sono davvero gli attori che sono invecchiati ? Sono reali ? O sono fantasmi intrappolati in quel luogo ? Mesmerico capolavoro del taiwanese Ming-liang Tsai, un'opera evocativa e poetica, di sublime fascinazione malinconica, densa di simboli, riferimenti, citazioni e significati leggibili a più livelli. Più che un film è un'apparizione, una sospensione in un limbo senza tempo, un dedalo psicologico, popolato da ombre evanescenti, antiche memorie, persone o personaggi di un mondo onirico, che sembrano riuniti in un consesso arcano per celebrare un passaggio cruciale, il tramonto di un'epoca o per vivere appieno l'unicità del momento. Il suo intento metaforico di nostalgico omaggio al cinema è palese, ma si tratta solo del primo strato interpretativo, la superficie esteriore. E qui cinema non va inteso soltanto come idea, ma soprattutto come luogo fisico-emotivo, la sala, ovvero lo scenario dove è sempre avvenuta la fruizione cinematografica. Secondo la poetica dell'autore questa fruizione va considerata in senso ampio, come esperienza, immersione, viaggio, sogno, vita. E il tempo scorre in maniera diversa, fuori sincrono tra i due "universi": nella sala taiwanese è lento, dilatato, inerte, è un lugubre accompagnatore di rimpianti, di commiati, di ultimi valzer prima che le luci si spengano e la magia svanisca. Viceversa, nel "Dragon Inn" (il film nel film), il tempo avanza veloce, impetuoso, incessante, c'è azione, c'è vigoria, c'è tripudio fisico. E cosa avviene nella terza dimensione (la nostra) ? Come da titolo Goodbye, Dragon Inn ci parla della morte del cinema per come lo abbiamo sempre inteso, il cinema dei pionieri, il cinema che ha fatto sognare intere generazioni e che, secondo l'autore, si trova ad un punto di non ritorno, a una svolta cruciale e definitiva. Considerando la data di uscita di questo grande affresco-epitaffio non si può non sottolineare la visione preveggente del regista. La lunga e memorabile sequenza finale della sala che si svuota è il colpo di genio definitivo: la transumanza culturale, l'epilogo di un'era, l'apocalisse di un'utopia, la fine di un'idea di spettacolo e di mondo. Goodbye, Dragon Inn. C'era una volta il Cinema.
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