Nell'Inghilterra del 1708 siede sul trono la regina Anna Stuart, donna fragile, capricciosa, instabile e di salute cagionevole. A causa del suo carattere la regina è facilmente influenzabile ed è pertanto attorniata da un gruppo di confidenti e collaboratrici in costante disputa tra loro, per entrare nelle sue grazie ed accaparrarsi il ruolo di "favorita", in modo da raggiungere una posizione di potere attraverso una scorciatoia preferenziale. La persona a lei più intima è la potente Lady Sarah, fiera nobildonna dal carattere forte, che ha un potente ascendente sulla monarca e la manipola totalmente nelle decisioni di politica estera e militare. Il suo rivale principale è il politico Robert Harley, che cerca in tutti i modi di scalzarla dal piedistallo di privilegio che si è saputa costruire nel tempo. Ma la situazione viene scompaginata dall'arrivo a corte di una rivale inattesa: la giovane Abigail Masham, bella e furba, lontana parente di Lady Sarah, di rango sociale più basso ma dotata del necessario talento per sopravvivere in un ambiente di "squali", a causa di un'infanzia difficile e sofferta. Dramma storico biografico di Yorgos Lanthimos, in cui il regista greco, partendo da una solida sceneggiatura non scritta di suo pugno (ma dalla coppia Deborah Davis e Tony McNamara) riesce a calare il suo radicale pessimismo antropologico in un contesto "regale", attraversato da giochi di potere, intrighi di corte, colpi bassi, meschini tradimenti, conflitti di classe e rapace avidità. E' un film al femminile, con tre splendide donne protagoniste interpretate da tre magnifiche attrici: Olivia Colman (che per la parte della debole Regina Anna ha vinto tutti i premi maggiori dell'anno 2019), Emma Stone (Abigail Masham) e Rachel Weisz (Sarah Churchill). Per chi conosce il regista è evidente il motivo per cui ha deciso di abbracciare con entusiasmo questo progetto, indubbiamente molto stimolante ma non completamente suo, per quelli che sono i suoi standard lavorativi: arrivare a "dimostrare" che doppiezza, prevaricazione, malizia e cupidigia sono intrinseche e inestirpabili nella natura umana, a prescindere da epoca, nazionalità, sesso o classe sociale. Questo settimo lungometraggio dell'autore di Pangrati è un affresco caustico, cupo ed affilato di intrallazzi, passioni, invidie ed inganni, caratterizzato da una messa in scena tanto preziosa quanto algida e da toni oscillanti tra un tragico intimismo ed una straniante ironia grottesca. Sotto la patina dorata di grandi palazzi, sale sfarzose, arredi eleganti, pavimenti luccicanti, abiti pomposi, buone maniere, bell'aspetto, sorrisetti e smancerie, si nasconde il solito nido di serpenti famelici, pronti ad azzannarsi tra loro per ottenere un ruolo dominante. La tesi del regista è declinata senza enfasi, senza clamori, ma con raggelante distacco e drastica inevitabilità. Pur essendo tecnicamente sopraffina, l'opera appare più sobria e controllata, meno pervasa dai narcisismi stilistici tipici di Lanthimos, che ha avuto il gran merito di fare "un passo indietro" e porsi al servizio della storia e delle tre splendide interpreti. E, anche per questo, è riuscito a realizzare il suo film migliore, che ha avuto ben 10 candidature agli Oscar, ma ha portato a casa solo la statuetta di miglior attrice protagonista per la Colman (che ha vinto anche la Coppa Volpi al Festival di Venezia e il Golden Globe). Rinunciando a tutti gli stereotipi del romanzo storico, l'autore ha messo in scena un bizzarro gioco di ruolo che abbina lo sfarzo alla crudeltà, mettendo da parte amori e politica in favore di una satirica fiera di brama, vanità e tranelli.
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