Dal romanzo omonimo di Ernest Cline: nell'anno 2045 la terra è afflitta da gravi problemi quali inquinamento e sovrappopolamento. La maggioranza delle persone vive in miseria, in delle squallide megalopoli che sembrano una versione "hi-tech" delle favelas sud americane. Lo svago più diffuso è quello della realtà virtuale, un sistema globale chiamato Oasis a cui tutti si connettono, assumendo l'aspetto del proprio avatar digitale: per giocare, per lavorare, per vivere esperienze e per condividere informazioni. James Halliday, il genio che ha creato Oasis, poco prima di morire rivela a tutti di aver creato un livello segreto che può essere trovato solo da colui che riuscirà a vincere una serie di sfide di abilità, di intelligenza e di cultura sulla storia di questo grande mondo virtuale. Il vincitore avrà come premio il controllo assoluto del sistema Oasis. Tutti i migliori giocatori e anche una serie di loschi personaggi si daranno battaglia per risolvere i rompicapi di Halliday e vivranno avventure mirabolanti e pericolose all'interno di Oasis. Scatenata e gradevole "favola" di fantascienza iper-tecnologica di Steven Spielberg, che a 71 anni suonati riconferma chiaramente due concetti: 1) di non aver perso il tocco magico e sognante del "fanciullino" che (ancora) dimora dentro di lui. 2) di essere sempre il più grande narratore popolare del cinema americano. L'unico in grado di realizzare film di questo tipo, non per niente definiti, a suo tempo, "alla Spielberg": grandi avventure fantastiche di gioioso intrattenimento capaci di far coesistere ammaliante spettacolo visivo, senso della meraviglia, buoni sentimenti, azione avvincente, personaggi interessanti. E tutto questo confezionato e servito con professionalità, qualità e intelligenza. Il grande regista di Cincinnati lo ha riconfermato e si è dedicato a questo progetto con passione ed umiltà, evidentemente molto coinvolto emotivamente dal materiale narrativo a disposizione. Una stimolante sfida, anche dal punto di vista tecnico. Perchè questo è stato sicuramente il suo film più carico di effetti speciali in CGI, e quindi ad alto rischio di rompere la sospensione dell'incredulità e scadere nel ridicolo involontario. Una sfida affrontata con garbo e perizia, e vinta brillantemente. Ready Player One non è soltanto un fantasmagorico giocattolone ipercinetico chiassoso e colorato, una giostra vorticosa di artifici elettronici, ma è, intimamente, un nostalgico atto d'amore verso la cultura popolare degli anni '80 in tutte le sue forme (cinema, fumetti, videogiochi, musica, gadget e via discorrendo). Quella stessa cultura che Spielberg ha pesantemente influenzato con i suoi sogni per il grande schermo, i regali di un sognatore dedicati ai sognatori. Questo film proviene dalla sua medesima parte interiore che nel 1982 realizzò "E.T.", il Peter Pan che ancora alberga in lui e che non invecchia insieme a lui. Stracolmo di omaggi e citazioni di ogni tipo (alcuni addirittura quasi subliminali), quest'opera è un oasi(s) con cui il regista ritorna al suo mondo preferito (il fantastico) per divertire, divertirsi e riaffermare il dogma basilare del cinema spielberghiano: la fantasia ci aiuta a sopportare la vita, è un'ancora di salvezza e la migliore compagna del nostro percorso terreno. Non a caso, in questo film "per sognatori", l'autore coccola teneramente i suoi protagonisti nerd, santifica il geniale demiurgo che ha creato il regno fantastico (Halliday, l'ottimo Mark Rylance, ovvero Spielberg stesso?), giustifica bonariamente l'evasione dalla realtà (troppo squallida) per rifugiarsi nel mondo virtuale (a misura di sogno, cioè senza misura) e relega gli yuppies nel ruolo di cattivi avidi e miserabili (quelli che hanno perso la capacità di sognare). Sarà uno spasso per lo spettatore cinefilo-nerd-nostalgico provare a riconoscere il maggior numero possibile delle citazioni agli anni '80 celate nella fantasmagoria di immagini di questo film (gli easter eggs). Quella dedicata a Kubrick, che evito di spoilerare, è forse il momento più alto e malinconico della pellicola. E tutti coloro che si sono messi a cercare il difetto, la distonia, il pelo nell'uovo sono, evidentemente, degli yuppies. Hanno smesso di cercare il livello segreto e sono ormai inadeguati alle fantasie di un sognatore, dedicate ai sognatori.
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