"Salomé" è la più controversa opera di Oscar Wilde: una tragedia in un atto unico scritta in lingua francese nel 1891 e presentata per la prima volta a Parigi 5 anni dopo. L'opera è ispirata alla nota vicenda narrata nei Vangeli, che coinvolge il re di Galilea, Erode Antipa, sua moglie Erodiade e la giovane bellissima Salomé, figlia di primo letto di lei e figliastra di Erode. Il re è soggiogato dalla sensualità di Salomé e la desidera ardentemente, ma non può averla perchè sua moglie non lo consente. Pur di vederla ballare per lui, Erode le promette che soddisferà ogni sua richiesta e la ragazza pretenderà (per capriccio) la testa di Giovanni Battista, prigioniero nelle segrete del palazzo reale, per potergli dare (da morto) quel bacio che lui le aveva negato con sdegno, per dimostrarle la sua saldezza morale. "Salomé" fu subito investita dallo scandalo per i suoi contenuti erotici e per i pregiudizi che hanno sempre accompagnato la vita "libertina" di Oscar Wilde. Al Pacino, ossessionato da Wilde e da questa sua opera in particolare, ha deciso di girare questo film sperimentale che è un misto di fiction, documentario, teatro e backstage. Il risultato è un'opera atipica, affascinante e stratificata, priva di una vera e propria trama intesa in senso classico. E' il tentativo di filmare un'ossessione (artistica e sessuale), raccontando il processo stesso di realizzazione del film, una metafora metacinematografica, pervasa da evidenti echi brechtiani, per mettere in scena il potere distruttivo della sessualità. Pacino interpreta sè stesso ed Erode, e il film ci mostra, da un lato, l'attore-regista che dirige l'opera teatrale di Oscar Wilde e, dall'altro, la finzione scenica della tragedia con Pacino-Erode. Ci sono quindi almeno due livelli, intervallati da interviste, aneddoti e dietro le quinte sulla realizzazione della pellicola, in cui Pacino mescola il film, il teatro e la sua vita personale, narrando sue esperienze personali collegabili al tema dell'opera. Un progetto originale, ambizioso ed emotivamente molto sentito dal suo autore-attore che, avendo ormai meritato sul campo la franchigia del sommo artista, può permettersi il lusso di fare ciò che vuole, senza ricercare il riscontro del pubblico ad ogni costo. Ma il cuore pulsante, il corpo, lo sguardo e l'anima del film sono quelli di una magnetica, scatenata e sensualissima Jessica Chastain, che letteralmente esplode dallo schermo e ci travolge con la sua carica di malizia, ingenuità, vitalità ed erotismo. La perfetta iconografia del mito di Salomè, del suo ballo come allegoria dell'atto sessuale e del rapporto di potere determinato da un impetuoso desiderio carnale. Salomè è, al tempo stesso, passione, trasgressione, potere, vita e morte. Questo film d'avanguardia, conturbante e oscuro, non sarebbe stato lo stesso senza la performance della Chastain. Nella versione italiana Al Pacino non è stato doppiato, come di consueto, da Giancarlo Giannini ma da Gabriele Lavia. Una decisione un po' strana, probabilmente dovuta alla caratteristica di nicchia del film, che nel nostro paese non è mai passato per le sale, a parte la presentazione al Festival di Venezia, dove è stato premiato con il Queer Lion.
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