sabato 1 maggio 2021

The Killer (Dip huet seung hung, 1989) di John Woo

Un killer di Hong Kong, che ama lavorare da solo, viene mandato in un piano bar per un'esecuzione. Durante la sparatoria la cantante del locale viene ferita e perde la vista. Il sicario decide di aiutarla, pagandole un'operazione che potrebbe salvarle gli occhi, ma per farlo deve accettare un ultimo pericoloso "contratto". Intanto un poliziotto brutale, che agisce spesso ai limiti della legge, si è messo sulle sue tracce come un segugio. Questo noir d'azione di John Woo è il remake, alla maniera del cinema di Hong Kong, del classico del polar francese Frank Costello faccia d'angelo di Jean-Pierre Melville. E' un film cupo e violento, popolato da personaggi affascinanti, feroci, tormentati e spietati, ma dotati di un proprio rigido codice morale che ne regola le azioni, le scelte e il destino. Ciò è evidente nella decisione del killer Chow di aiutare la cantante ferita, non solo perchè si sente attratto da lei, ma, principalmente, per una questione d'onore, per il quale è disposto a mettere in gioco anche la sua stessa vita, se necessario. Tutto questo l'autore cantonese lo eredita pienamente dall'originale di Melville, rivisitandolo però stilisticamente con tutti i suoi marchi di fabbrica: azione incessante, sparatorie coreografate, uso espressivo del rallenty e montaggio esasperato. La composizione delle inquadrature è estremamente ricercata, frutto di un lavoro minuzioso e di un senso artistico della dinamica delle scene action. E' corretto parlare di coreografia per la preparazione, prima concettuale e poi pratica, di queste sequenze, proprio come avviene nel caso della danza. Inoltre i temi del patimento interiore, della solitudine e del rigido codice etico-criminale, vengono esasperati dalla poetica di Woo, all'insegna di una maggiore efferatezza visiva. E l'ottimo Chow Yun-fat riesce a non sfigurare nell'ideale "duello" a distanza con il suo predecessore Alain Delon. Quello che però manca, rispetto alla pellicola di Melville, è quel senso malinconico di fatalismo esistenziale che proveniva non solo dai personaggi ma anche dalle ambientazioni. Una caratteristica tipica di un certo cinema francese che non è facilmente "esportabile" o riproducibile altrove.

Voto:
voto: 4/5

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