Nel Tennessee rurale avviene
l’improbabile incontro tra due anime perse. Lui è Lazarus, afroamericano
maturo, ex musicista blues trasformatosi in agricoltore, profondamente deluso per
il tradimento della moglie, che lo ha lasciato per suo fratello. Lei è Rae,
ninfomane reietta, sessualmente sfruttata dai maschi della sua comunità e con
un doloroso passato di abusi familiari alle spalle. La giovane sembra aver
trovato l’amore nel fragile Ronnie, ma quando questi parte per la guerra in
Iraq lei ricade inevitabilmente nel vizio che la divora, finendo malmenata e
seminuda in un viottolo di campagna. Lazarus la trova, l’accoglie in casa e
decide di curarla per restituirle la propria dignità, ma i suoi metodi non sono
esattamente ortodossi. Bollente dramma umano sullo sfondo di una provincia
americana vivida e “sudata”, che ci restituisce l’atmosfera assolata degli
stati agricoli del Sud. E’ essenzialmente un film di attori, sorretto da una
vigorosa anima musicale, quell’anima blues, tormentata e pregnante, che ci
arriva struggente attraverso l’incredibile performance di Samuel L. Jackson,
straordinario protagonista nei consunti panni del vecchio bluesman di campagna.
La sua interpretazione del brano “Black Snake Moan”, che dà il titolo al film,
è di quelle che restano e testimonia l’assoluto talento dell’attore di colore,
che ha cantato con la sua vera voce ed ha imparato a suonare la chitarra
appositamente per il film, rifiutando l’utilizzo di una controfigura. Il suo
Lazarus è umano, carismatico, compassionevole, autoritario, iracondo e fanatico
al tempo stesso, una variegata e riuscita combinazione di tanti personaggi
interpretati da Jackson nel corso della sua lunga carriera. La sua controparte
femminile è un’intensa Christina Ricci, credibile e perennemente seminuda in
scena, che si è donata anima e corpo al progetto e che riesce a tener testa
degnamente al trascinante partner grazie ad un’interpretazione fisicamente
“generosa”. Come nella tradizione che gli appartiene il blues diventa la voce
del risentimento represso, un lamento dolente ma fiero, non rassegnato, ma
piuttosto orientato alla possibilità di quel riscatto morale che lo rende
espressione austera dell’anima di un popolo. La metaforica commistione tra
sesso e religione, retaggio dei trasgressivi anni ’70, viene affrontata in
maniera sobria, senza eccessi scandalistici, facendo saggiamente prevalere la
ben più interessante, e profonda, psicologia dei personaggi. Peccato per il
finale troppo lieto rispetto al tono generale del film, l’unica pecca
importante di questo interessante prodotto indipendente. In Italia non è mai
stato distribuito nelle sale ma è uscito direttamente per il mercato home
video.
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