Otto episodi che corrispondono a otto sogni
del regista, ognuno dei quali rappresenta un momento emblematico della sua
vita. Gli episodi sono: “Raggi di sole
nella pioggia” (un bimbo curioso spia un corteo di volpi che attraversano
il bosco ma la madre gli dice che, così facendo, ha infranto un’antica leggenda
e dovrà espiare per questo), “Il pescheto”
(il medesimo bimbo scopre che la tanto attesa “festa delle bambole” non potrà
avvenire perché gli uomini hanno tagliato tutti gli alberi di pesco), “La tormenta” (quattro uomini hanno
smarrito la strada per il campo base durante una tempesta in alta montagna), “Il tunnel” (un reduce di guerra che sta
tornando a casa incontra, in una galleria scura, gli spettri dei suoi commilitoni
morti in battaglia),”Corvi” (un uomo
in un museo sta ammirando i quadri di Vincent van Gogh e, magicamente, si trova
catapultato in uno di essi, “Campo di grano con volo di corvi”, dove incontrerà
persino il celebre pittore olandese che però non ha tempo da dedicargli), “Fuji in rosso” (un uomo cerca di salvare
una madre e i suoi bambini dai vapori di una centrale nucleare distrutta da
un’eruzione del Monte Fuji), “Il Demone
che piange” (la bomba atomica ha reso la terra desertica e trasformato gli esseri
umani in mostruosi mutanti), “Il
Villaggio dei Mulini” (in un villaggio idilliaco che sorge presso un fiume,
nel bosco, un vecchio si unisce ad un corteo funebre). Otto sogni allegorici
del grande Maestro giapponese per esprimere la sua visione “illuminata” sul
mondo onirico e dar vita a ricordi, speranze, esperienze personali, paure
recondite. Tra momenti di assoluta poesia e allucinazioni agghiaccianti sul
futuro della razza umana, l’autore ci consegna, con ammirevole sincerità e
indubbia saggezza, il suo testamento spirituale in forma cinematografica (dopo di
questo farà solo altri due film). Tra serenità interiore, elementi mitologici, amore
per il mondo e delusione per i suoi abitanti, il Maestro riesce a piegare la
rigidità schematica ed i limiti di omogeneità tipici del film a episodi,
modellandoli grazie al potere unificante del suo genio visionario e riuscendo a
trarre, da ognuno di essi, pura magia figurativa. I segmenti più belli sono
quelli più misteriosi: il primo, il secondo e l’ottavo, in cui il Maestro ci
mostra suggestioni surreali della sua infanzia e della sua vecchiaia, tra
grazia, bellezza ed eleganti allusioni sessuali (nei primi due). Gli altri sono
più didattici o più risentiti, ma anche in essi troviamo momenti di volo alto,
come in quello del tunnel, che è un incubo inquietante contro la guerra, o in
quello di van Gogh, che è un’esplosione di sgargianti invenzioni visive. Il
messaggio comune a tutti gli episodi è l’aspirazione di un ritorno al passato,
al silenzio, alla natura, all’armonia e alla semplicità delle cose, rispetto
alla follia distruttiva verso cui il progresso sembra condurre il mondo. Pur
non possedendo la potenza artistica e la tensione drammatica dei suoi
capolavori, perché a volte il moralismo prende il sopravvento sulla genialità
poetica, questo non è affatto un film minore nella straordinaria carriera di Kurosawa,
come invece alcuni critici hanno affermato con frettoloso snobismo. Quest’opera
“senile” è una piccola gemma preziosa, che poté essere realizzata anche grazie
al contributo di George Lucas e Steven Spielberg, in qualità di coproduttori.
Gli effetti speciali sono della ILM e nel cast, oltre all’attore feticcio Akira
Terao, va segnalata la presenza di Martin Scorsese, che interpreta il pittore van
Gogh con impeto furioso.
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