mercoledì 30 marzo 2016

Erin Brockovich - Forte come la verità (Erin Brockovich, 2000) di Steven Soderbergh

Erin Brockovich è una donna tenace e appariscente, con due matrimoni falliti alle spalle e tre figli da crescere. Trova lavoro come segretaria in uno studio legale e si appassiona al caso di un colosso industriale, la Pacific and Gas Company, che ha avvelenato le falde acquifere di una cittadina con depositi di cromo, provocando casi di tumore tra gli abitanti. Sfacciata e risoluta, ma animata da un profondo senso di giustizia, Erin inizia una difficile indagine che la porterà a pestare i piedi a gente potente. Con l’aiuto del suo capo, un burbero avvocato dal cuore tenero, vincerà la battaglia legale ottenendo ricchi indennizzi per i cittadini querelanti, la cui salute è stata irrimediabilmente danneggiata dagli scriteriati scarichi industriali della compagnia. Lieve dramma biografico con tocchi da commedia spiritosa, ispirato alla vera storia di Erin Brockovich, che nel film appare in un cameo come cameriera di un fast food. Confezionato in modo impeccabile e non esente da malizia, è un film di denuncia che, sotto la patina dell’impegno civile, nasconde la sua vera anima di prodotto hollywoodiano, cauto e ruffiano, cucito addosso alla grande presenza scenica della sua protagonista, una Julia Roberts intensa, sboccata e grintosa, premiata con l’Oscar alla miglior attrice per la sua vistosa interpretazione. La sua caratterizzazione della Brockovich cerca volutamente di allontanarsi dagli stereotipi dell’eroina perfetta: la sua Erin è una donna volgare, luminosa, esuberante e kitsch, con un modo di vestire che dà sempre l’impressione di essere “disponibile”. E’ un’energica “sgallettata” che, per certi versi, ricorda la Cher di Dietro la maschera. Ma sotto la superficie laida nasconde un animo nobile, una personalità onesta e coraggiosa che non accetta compromessi e non tollera le ingiustizie. L’interpretazione della Roberts, sempre sopra le righe, viene temperata da quella dell’ottimo Albert Finney, che le fa da efficace contrappunto, a cui si aggiunge un Aaron Eckhart in versione “principe azzurro” on the road. L’eccellente lavoro del cast è la vera forza della pellicola, perché gli conferisce un’umanità gagliarda e vivace, smussandone le ridondanze didascaliche. Più furbo che sincero, è un film di attori conforme alla tradizione hollywoodiana, una pimpante legal comedy travestita da cinema impegnato.

Voto:
voto: 3/5

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