Francia, 1634: la fortezza di Loudun, di
religione protestante, cerca la convivenza pacifica con la maggioranza
cattolica del paese, ma è da tempo nelle mire del potente cardinale Richelieu,
che sogna di distruggerla. A capo della roccaforte c’è Urban Grandier, prete
carismatico e lascivo, dai forti appetiti sessuali, ai quali non riesce a
sottrarsi. Giovanna, suora della cittadella, ne è follemente innamorata e spera
di entrare nelle sue grazie. Ma quando scopre che Grandier si è sposato in
segreto con la giovane Madeleine, viene posseduta da una furibonda isteria
erotica ed accusa il prete di aver corrotto lei e altre suore, coinvolgendole
in atti osceni di natura sessuale. Per il perfido Richelieu sarà l’occasione a
lungo attesa. Capolavoro scandaloso del visionario Ken Russell, eterno
provocatore sospeso tra genio e dannazione. E’ il suo film più discusso e
controverso, ma anche il suo migliore, un formidabile trattato fantastorico su
temi quali possessione, superstizione e fanatismo ideologico utilizzato come
strumento di potere per fini politici. E’ uno dei film “maledetti” degli anni ’70,
proibito, vilipeso, censurato, sequestrato dagli organi giudiziari, bandito
dalla Chiesa che, addirittura, minacciò di scomunica il direttore della Mostra
del Cinema di Venezia, Gian Luigi Rondi, reo di averlo presentato alla rassegna
del 1971, suscitando lo scandalo generale. Anzi sarebbe sensato dire che questo
è, in assoluto, il più “dannato” tra i film di quel periodo visto che, ancora
oggi, è sottoposto ad un incredibile ostracismo ideologico, a differenza dei
vari Ultimo
tango a Parigi, Arancia
Meccanica, Cane
di paglia, Salò
o le 120 giornate di Sodoma che sono stati tutti ampiamenti sdoganati e
rivalutati per il loro effettivo valore artistico. Diversi autori di cinema,
come il messicano Guillermo del Toro, sono attivamente impegnati nella
“battaglia” con la Warner
(che detiene i diritti dell’opera) affinché dia il suo benestare alla
pubblicazione, spesso annunciata ma costantemente rimandata, di un DVD che
faccia, finalmente, giustizia delle incredibili persecuzioni censorie subite
dal film di Russell, consentendo a tutti di poterlo vedere in versione
integrale, con le scene a suo tempo sforbiciate dalle commissioni giudicanti
rimontate insieme al resto della pellicola. L’unica versione integrale esistente
venne proiettata, il 23 novembre 2004, al National Film Theatre di Londra,
grazie all’opera del critico inglese Mark Kermode, ma questa release non è mai stata commercializzata
per il mercato home video. A tutt’oggi (e sono passati 46 anni!) non è ancora
possibile vederla con facilità, a meno di accontentarsi di visioni in qualità
scadente, su una VHS del ’97, sempre sponsorizzata da Kermode (che era amico
del regista), o utilizzando circuiti alternativi come la rete internet. Al di
là della patina oscena, rappresentata dalla lunga serie di sequenze scioccanti
a base di sesso, torture e violenze di ogni tipo, indubbiamente forti, va detto
a chiare lettere che il film di Russell è molto di più di uno spettacolare
circo delle aberrazioni, tra l’altro quasi mai gratuite, ma sempre funzionali
all’esplicitazione del particolare contesto storico e psicologico. I diavoli è, essenzialmente, un
provocatorio apologo politico contro il totalitarismo ideologico della Chiesa
cattolica al tempo della Controriforma. Un vibrante atto d’accusa della
connivenza corrotta tra i due poteri dominanti: quello temporale e quello
religioso. Tra le pieghe delle tanto vituperate scene blasfeme e
“pornografiche” (come quella del famoso “stupro di Cristo”, che venne
interamente sforbiciata dalla censura dell’epoca), si nasconde una lucida
analisi storica sui crimini commessi dall’Inquisizione, che lo spirito polemico
del regista intende porre in risalto, spingendo forte sul pedale dell’erotismo
scioccante, con evidente intento iconoclasta. Interessante la chiave di lettura
che Russell propone sulla così detta “possessione”, mostrata come un problema
psicopatologico piuttosto che come il frutto di un’entità maligna esterna. La
possessione è, secondo l’autore, il risultato inevitabile della bieca
repressione sessuale imposta dalla Chiesa in secoli di oppressione, allo scopo
di poterla poi usare, a proprio vantaggio, per i suoi fini repressivi,
eliminando così nemici, ostacoli e oppositori tramite la famigerata lotta
contro il maligno. Il vero orrore del film risiede più nel suo realistico
messaggio di fondo che nelle scioccanti scene esplicite che gli causarono gli
strali dei benpensanti. Pur nella sua furia visiva la pellicola è
stilisticamente sontuosa, sia nelle scene d’isteria collettiva (baraonde
infernali coreografate con un alto senso di astrazione geometrica e con
incredibile vigore plastico), sia nell’aspetto asettico delle ambientazioni
astoriche (si pensi al bianco abbagliante degli interni della fortezza), che
pongono la Loudun
russelliana in una sorta di limbo atemporale, donando alla vicenda un senso
universale e straniante al tempo stesso. Nel cast spiccano Oliver Reed (nella
migliore interpretazione della sua carriera) e Vanessa Redgrave, ma vanno
citati anche Max Adrian, Dudley Sutton e Gemma Jones. Il film è ispirato al libro,
ugualmente famigerato, “I diavoli di
Loudun” (1952) di Aldous Huxley.
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