La
vita di Galileo Galilei dai 28 ai 69 anni, dalle prime scoperte astronomiche
che lo faranno dubitare del dogma geocentrico imposto dalla Chiesa, al
processo per eresia, con abiura finale, per salvare la sua vita di fronte
all’ottuso fanatismo della santa inquisizione. Coraggiosa biografia di Liliana Cavani,
atipica ed anticonvenzionale, sul geniale astronomo pisano, la cui parabola
umana e scientifica ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della
fisica ma anche in quella delle supreme ingiustizie commesse dal potere
oligarchico ai danni della verità. Drammatico e solenne, a tratti didattico,
assume un beffardo tono “divertito” nei velenosi attacchi al clero, a quel
rigido ambiente papalino che commise indicibili nefandezze presumendo di
parlare in nome di Dio. Per il suo forte, ma realistico, contenuto
anticlericale il film subì gli strali della censura alla sua uscita, cosa che
diverrà poi abituale per la regista emiliana, e ciò gli è costato una sordina
forzata che lo ha reso “invisibile” al grande pubblico, con un inspiegabile
divieto ai minori di 18 anni. La pellicola non è mai passata in televisione,
nonostante sia stata coprodotta dalla RAI, e la sua condizione di oblio coatto ricorda,
paradossalmente, la persecuzione ideologica subita da Galileo. Quest’opera polemica
e risoluta è interamente costruita sui contrasti, proprio come Galileo che era
schiacciato tra il martello dei falsi dogmi cattolici e l’incudine della verità
scientifica. Il contrasto tra scienza e fede, verità e menzogna, libertà di
pensiero e oppressione ideologica, dottrina religiosa e suoi rappresentanti.
Con un piede nel passato e uno sguardo al presente, la regista intende
tracciare una vibrante requisitoria universale contro il potere arrogante,
contro tutte le oppressioni, i dogmatismi e gli atteggiamenti faziosi che
portano alcuni uomini a ritenersi superiori ad altri, commettendo abusi in
virtù di questa posizione di privilegio. Due momenti fondamentali del film sono
l’incontro tra Galileo e Giordano Bruno, eretico “impenitente” che per le sue
teorie filosofiche “blasfeme” sulla natura di Dio e per il suo ostinato rifiuto
di abiura sarà condannato al rogo, e l’elezione a papa del cardinale Barberini
con il nome di Urbano VIII. Il cardinale, dimostrando un’apertura mentale
superiore alla media, non era inizialmente contrario alle nuove teorie
scientifiche galileiane ma poi, una volta salito al trono pontificio, è
costretto a piegarsi al fanatismo dei teologi, sacrificando Galileo e la verità
pur di mantenere il suo potere. Il cinema audace e “sotterraneo” della Cavani,
costantemente basato sul dissenso, si specchia con lucidità in una delle
ingiustizie storiche supreme per attualizzare se stesso, ribadendo la sua
posizione di fiero disappunto nei confronti dei moralisti e dei soloni, che si
sentono protetti da un pulpito di ottusa ipocrisia nella loro azione inibitoria.
Ma, per fortuna, esiste un modo indipendente e non omologato di fare arte,
informazione e cultura, al di là della retorica conformista e della rigidità
dei benpensanti. E fino a che ci saranno le opere di registi liberi come la Cavani, Pasolini, Bellocchio
o Bertolucci, la verità avrà sempre maggiori possibilità di affermazione.
Perché in fondo sappiamo tutti che “e pur
si muove!”.
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