Suzanne Stone è una biondina sexy,
esuberante e svampita, disposta a tutto pur di realizzare il suo sogno di
diventare una star televisiva. Ferocemente determinata nel suo obiettivo,
dapprima sposa il ricco e rozzo italoamericano Larry Maretto, la cui famiglia
ha sospette connivenze mafiose, e poi seduce un adolescente problematico per
liberarsi dell’assillante marito. Ma il suo disegno criminoso ha dei punti
deboli e non tutto andrà come previsto. Dal romanzo di Joyce Maynard, Van Sant
ha tratto questa crudele satira nera sulla società arrivistica americana, in
cui il consumismo sfrenato ha sovralimentato la mitologia del successo
personale, trasformandolo in un’aberrazione sociale. Utilizzando i tempi della black comedy, il linguaggio
sovraeccitato dei media ed una messa in scena acre, che oscilla tra tragico e
grottesco, questo affilato pamphlet
sociologico mette alla berlina le donne in carriera, la rapacità del sogno
americano, la sottile manipolazione psicologica operata dal mezzo televisivo e
la società dello spettacolo, il cui lavaggio del cervello ha obnubilato la
coscienza collettiva, generando una generazione di ottusi arrampicatori
sociali. Paradigmatica nel senso e perfida nella forma, quest’opera su
commissione dell’autore del Kentucky pone anche preoccupanti interrogativi sul
perbenismo della provincia americana (dietro i cui modi benevoli si cela un
profondo lato oscuro) e sulla deformazione edulcorata della realtà prodotta
dallo stillicidio quotidiano che lo showbiz
ci propina attraverso il piccolo schermo. Diretto con abilità e classe, il film
riesce ad essere, contemporaneamente, divertente e apocalittico, e trova
ulteriore linfa espressiva nella bella colonna sonora rockeggiante e nelle
eccellenti interpretazioni del ricco cast, in cui Matt Dillon, Joaquin Phoenix
e Casey Affleck accompagnano la stella Nicole Kidman, perfetta nel ruolo di
questa “Barbie” di provincia senza scrupoli. Nonostante l’evidente impianto “a
tesi”, il regista mette in piedi un ritratto crudelmente attuale, amaramente veritiero,
pur nell’evidente deformazione grottesca, e causticamente accusatorio, senza
mai scadere nel banale didascalismo moraleggiante. La Kidman, con il suo fascino
algido e sofisticato, è l’incarnazione ideale del sogno televisivo, di quella informazione
spettacolo basata sull’immagine che procede per slogan ed alimenta la
non-cultura. Geniale e gustosissima la scelta di far recitare, in un piccolo
cameo, David Cronenberg, “padre” di Videodrome,
nel ruolo del killer mafioso.
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