Chuck Noland è un ingegnere logistico
della Federal Express, ossessionato dal tempo e maniaco della puntualità. Il
suo lavoro lo tiene spesso lontano da casa e dalla sua fidanzata, Kelly, a cui
strappa una promessa di matrimonio prima di partire per l’ennesimo viaggio. Ma
il suo aereo precipita nel Pacifico dopo un’avaria e Chuck, unico superstite,
finisce su un’isola deserta delle Figi dove sopravvivrà per 4 anni in
condizioni estreme di vita selvaggia. Riuscito a scappare per mare a bordo di
una zattera di fortuna, sarà salvato, ormai allo stremo delle forze, da un
cargo mercantile. Ma al suo ritorno a casa, dove tutti lo davano per morto,
troverà cambiata ogni cosa. “Cast Away”
è un’espressione inglese che vuol dire naufrago e questo dramma avventuroso di
Zemeckis, che rievoca il mito di Robinson Crusoe con il pallone Wilson al posto
di “Venerdì”, sembra suggerire un ritorno alla preistoria, per indurre una
riflessione sul tema della seconda occasione. Fedele al cinema tranquillizzante
del suo autore, costantemente interessato al tempo, al destino e ai rapporti
umani, è un’opera di solitudine disperata divisa in tre parti. La prima,
introduttiva, ci mostra la vita stressante di Chuck sempre in giro per il mondo
inseguendo il tempo. La seconda, sull’isola, è una grande avventura di
sopravvivenza e di formazione in un ambiente meraviglioso e ostile, un paradiso
esotico che si rivela un inferno per chi non vi si reca in vacanza con tutti i
comfort a cui siamo abituati. La terza, il ritorno a casa, è un pistolotto
sentimentale difficilmente digeribile, prolisso e patetico fino allo
sfinimento. I momenti sull’atollo sono i più riusciti, con alcune scene di
grande impatto emotivo ed altre di crudo realismo. Chuck che dialoga col
pallone Wilson è autoanalisi estrema per situazioni da età della pietra. Grande
interpretazione di Tom Hanks, che dovette perdere 20 chili per le scene
sull’isola, costringendo la produzione a interrompere le riprese per quasi un
anno, durante il quale Zemeckis girò Le
verità nascoste. L’isola del film è Monuriki, nell’arcipelogo delle
Figi, in Oceania.
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